Coppola rimonta: Fassino è il passato

nostro inviato a Torino

«I sondaggi? Non me ne curavo mesi fa, quando preconizzavano per noi una sicura sconfitta, non mi faccio trascinare dall’entusiasmo adesso che la situazione sembrerebbe decisamente migliorata». È in grande spolvero il candidato sindaco Michele Coppola. Sarà per via di Edoardo, quel bimbetto che compie giusto oggi un mese, che Emanuela sua moglie, gli ha voluto regalare come straordinario porte-bonheur di questa campagna elettorale. Sarà perché lui, intraprendente e vulcanico assessore regionale alla Cultura nella giunta Cota, alle maratone è abituato e, appena può, si infila le scarpe da jogging e vola via. Verso nuove avventure. Bella, esaltante avventura quella di sbarrare il passo a Piero Fassino nella corsa alla poltrona di sindaco di Torino. Giorno dopo giorno, nella sua corsa tra un mercato e una piazza, un sopralluogo su una buca diventata incubo per un quartiere, una sosta per ascoltare i dimenticati di Torino e dal sindaco di Torino, lui, trentasettenne dal sorriso rassicurante, ha saputo conquistare consensi su consensi. Tanto che adesso il ballottaggio con chi credeva di vincere facile sembra cosa fatta.
Sponsorizzato da tutti i leader del centrodestra che sono sfilati nella prima capitale d’Italia per sostenerlo, benedetto da Silvio Berlusconi che gli ha promesso di tornare per il secondo turno, Coppola, nel segno del fair-play, non l’ha mai buttata sulla differenza anagrafica con l’avversario. «Non ho mai banalizzato questa campagna tirando fuori la mia carta d’identità. Fassino è una persona seria, un politico di lungo corso, ma non mi fa paura proprio perché rappresenta il passato e, nella sua ottica, le soluzioni per questa città vanno trovate guardando al passato. Ecco, io guardo nella direzione diametralmente opposta: Torino ha bisogno di modernità, di una nuova sensibilità. Questo la sinistra non lo capisce». In compenso a sinistra hanno capito benissimo l’aria che tira. E se qualcuno ha preferito dar sfogo ai timori sottovoce, altri, come il leader Api Francesco Rutelli, co-fondatore del Pd e ultimo segretario della Margherita come Fassino lo fu dei Ds, prima di ripartire per Roma ha sentenziato: «Penso, per esperienza, che a Torino si andrà al ballottaggio». A ricordare ai torinesi chi si trovano davanti ci hanno pensato tra gli altri Enzo Ghigo, coordinatore regionale Pdl: «Fassino è un cassintegrato della politica». Il suo vice Agostino Ghiglia: «La giunta Chiamparino ha sempre mostrato tolleranza verso i centri sociali». Il ministro Ignazio La Russa: «Se li battiamo se ne vanno in un compound in Pakistan. E stavolta, a differenza di Bin Laden, non andremo a cercarli, li lasceremo là». E Maurizio Gasparri: «Dopo Cofferati, ora tocca a Fassino essere mandato a casa».
Coppola ringrazia ma resta in trincea, tra i torinesi. Che gli mandano sms, video e segnalazioni, come lui ha chiesto sul sito, per un marciapiede dissestato, una strada che non è più una strada, un muro imbrattato. «La politica delle piccole cose - dice - è quella che fa grande un’amministrazione. Non richiede grandi risorse, ma solo più attenzione alla città e ai veri problemi della gente. I grandi temi affascinano ma spesso allungano la distanza tra amministratori e amministrati». Torino bella e accogliente? «Vero, ma solo grazie ai soldi del governo centrale - puntualizza Coppola - che ha finanziato Alta velocità, Passante e persino il 60 per cento della metropolitana. La sinistra si è limitata a tagliare i nastri. Senza uscire dall’ambiguità sulla Tav. E poi questa Torino è bella solo in centro perché ha lasciato interi quartieri nel degrado, in ostaggio dell’illegalità. Lo chieda ala mamme di Borgo Dora, cinquecento metri in linea d’aria dal Municipio, che devono tenersi stretti i loro figli e fronteggiare quei gentiluomini dei centri sociali».
E gli sprechi e i debiti? Coppola s’impenna: «È una voragine di sei miliardi.

Uno scandalo amministrativo che si perpetua anche per un accanito capitalismo municipale che ha dilapidato le risorse provenienti dalle tasse dei torinesi e da una macchina comunale che, con le partecipate, arriva a dare lavoro a 23mila persone e ogni anno costa 69 milioni di euro in più di quanto dovrebbe. Bisogna tagliare. Senza aver paura di nessuno. Io avrò il coraggio di farlo, ho il dovere di farlo. Per rilanciare Torino».

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