«La Corea del Nord vuole aggravare la crisi»

Pyongyang attacca Seul e Washington: «Le vostre manovre militari sono un gioco pericoloso che porterà alla guerra»

Marcello Foa

Condoleezza Rice è americana. E con gli americani bisogna parlare chiaro. Tang Xixuan è cinese e nella sua cultura, come in quella di molti asiatici, i messaggi sono sempre indiretti, allusivi, vanno interpretati. Tang è il diplomatico a cui Pechino ha affidato il compito di mediare con la Corea del Nord. Due giorni fa ha parlato con Kim Jong Il, il dittatore dell’ultimo bastione stalinista d’Asia, e ha annunciato - o meglio, ha lasciato intendere - la novella che il mondo attendeva: Pyongyang avrebbe promesso di sospendere, almeno per ora, i test nucleari.
Dopo qualche ora, la Rice è andata in Cina, ha incontrato Tang, si è fatta raccontare i colloqui, che ha trascritto sul suo taccuino. Poi è salita sull’aereo, diretta a Mosca. In volo ha riletto gli appunti; si è consultata con i suoi assistenti e con la Casa Bianca e quando è atterrata a Mosca non ha avuto esitazioni. Ai giornalisti che viaggiavano con lei ha detto di non avere l’impressione che la Corea del Nord abbia optato per una politica distensiva. Al contrario, si è detta convinta che «il governo di Pyongyang voglia provocare un’escalation della crisi». E le rassicurazioni cinesi? Mistero. «Tang non mi ha detto che Kim Jong Il si è scusato per l’esperimento atomico eseguito lo scorso 9 ottobre, né che non abbia intenzione di farne altri», ha affermato Condy, che ha anche messo in dubbio la volontà del «Caro leader» di tornare al tavolo delle trattative a sei, interrotte da circa un anno.
Tutto, insomma, torna in alto mare. E a far salire la tensione è proprio Pyongyang che, ancor prima che la Rice parlasse, ha condannato le esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud, attualmente in corso e che verranno ripetute la settimana prossima. «Le manovre rappresentano una grave provocazione che porta la penisola sull’orlo della guerra - ha annunciato il governo tramite l’agenzia ufficiale nordcoreana Kcna -. Questo gioco pericoloso è destinato ad accendere la fiamma della guerra contro la Corea del Nord. Le forze armate di questi due Paesi devono sospendere la loro corsa in avanti e comprendere realmente con chi hanno a che fare». Ovvero con un Paese che dispone di «una terribile arma dissuasiva». L’allusione alla bomba atomica è evidente.
Non è la prima volta che la Corea del Nord denuncia l’accordo difensivo tra Seul e Washington, ma questa volta i toni sono particolarmente duri. Non è la solita retorica di regime. Le minacce vanno valutate seriamente o perlomeno è quel che crede il governo dell’altra metà della penisola, quella libera e democratica. I sudocoreani sanno che, se la crisi dovesse degenerare, diventerebbero il primo bersaglio dei cannoni di Kim Jong Il, a cominciare dalla capitale, che dista poche decine di chilometri dalla zona demilitarizzata. Per questo Seul nelle ultime due settimane si è prodigata per calmare gli animi e, in sintonia con la Cina, si è opposta a sanzioni dell’Onu troppo dure; ma il suo sforzo potrebbe essere stato inutile. «Pyongyang si sta preparando a contrastare le misure decise dalle Nazioni Unite - ha avvertito l’ex presidente Kim Dae-jung - e potrebbe respingerle con la forza militare».
D’altronde nemmeno Pechino sembra dare eccessivo credito a Kim Jong Il, a dispetto degli annunci ottimistici di Tang. Il quotidiano giapponese Asahi Shimbun ha rivelato che la Cina ha iniziato a limitare le esportazioni verso la Corea del Nord e che le restrizioni riguardano apprecchiature domestiche e, soprattutto, il petrolio. Con l’inverno alle porte questo può essere uno strumento di persuasione ben più efficace del boicottaggio deciso al Palazzo del Vetro.
In questo contesto, la Russia continua a proseguire per la propria strada che, come accade da parecchio tempo su molti dossier “caldi”, non coincide con quella americana. L’incontro di ieri tra la Rice e il suo omologo Lavrov non ha dato risultati. Il ministro degli Esteri di Mosca ha invitato sia gli Usa che la Corea del Nord a dar prova di flessibilità e ha invitato Washington a «risolvere i problemi finanziari con Pyongyang», alludendo a quello che sarebbe il vero obiettivo di Kim Jong Il: poter disporre nuovamente dei suoi conti milionari all’estero bloccati dall’autunno 2005 in seguito all’embargo decretato dagli Usa. Ma l’America non sembra intenzionata a cedere e approfitta del mini-summit moscovita per lanciare una stoccata a Putin.


La Rice ha incontrato il figlio di Anna Politkovskaya, la reporter assassinata il 7 scorso a Mosca, e il direttore del suo giornale Novaya Gazeta, perché «la sorte dei giornalisti in Russia è una questione importante». Come dire: contrariamente a certi leader russi, gli Stati Uniti hanno a cuore la libertà di stampa.

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