Roma - Come Il Giornale aveva annunciato, la Corte dei conti blocca il decreto di nomina del generale Cosimo D’Arrigo al comando della Guardia di finanza, al posto di Roberto Speciale. Così non va, fanno sapere i magistrati contabili al ministero dell’Economia: manca il provvedimento di revoca di Speciale e la motivazione per la sua sostituzione con D’Arrigo. I rilievi, sulla legittimità e non sul merito, sono stati inviati ieri al governo, che ha trenta giorni per rispondere.
Ma il portavoce di Palazzo Chigi, Silvio Sircana, dice che oggi stesso arriverà la risposta del governo e che non sarà necessario un Consiglio dei ministri straordinario. I tempi stringono perché sempre oggi è previsto il saluto di Speciale al personale e domani è fissato l’insediamento di D’Arrigo.
Ma su tutto questo pesa la spada di Damocle del pasticcio compiuto dall’esecutivo. I suoi piani sull’avvicendamento consensuale ai vertici delle Fiamme gialle sono saltati quando il generale, grande accusatore del viceministro Vincenzo Visco, ha rifiutato di entrare come consigliere alla Corte dei conti.A questo punto, se le spiegazioni del governo saranno convincenti la Corte dei conti potrebbe procedere alla registrazione, altrimenti sarà l’Ufficio della Sezione di controllo a dover decidere collegialmente. Ma il governo potrebbe chiedere la «registrazione con riserva», consentita per assoluta necessità e superiori interessi, assumendosi tutta la responsabilità politica dell’intervento e giustificandolo poi alle Camere.
Un quadro di grande incertezza che mette anche in imbarazzo il Quirinale e ridà fiato alle proteste dell’opposizione. Per Sandro Bondi, coordinatore di Fi, i rilievi della Corte «non hanno precedenti nella storia del nostro Paese» e sono «una prova ulteriore delle continue forzature e di veri e propri sfregi alle istituzioni compiuti da questo governo». Per la seconda volta in pochi giorni, ricorda, «autorità indipendenti dello Stato bocciano iniziative del ministro dell’Economia». Si riferisce al Tar del Lazio, che ha accolto il ricorso del consigliere Rai Angelo Maria Petroni, contro la sua rimozione. «Un ministro - conclude l’azzurro - desideroso di salvare la propria credibilità personale oltre che politica ne trarrebbe qualche doverosa conseguenza».
Per Renato Schifani di Fi non ci può essere il passaggio delle consegne tra Speciale e D’Arrigo dopo lo stop della Corte: il decreto non è registrato e non ha efficacia. «Sarebbe l’ennesimo atto illegittimo». Altero Matteoli di An dice che «questo governo è un’armata Brancaleone che non può restare alla guida del Paese; prende schiaffi da tutti, dai Tar alla Corte dei conti e deve andare a casa per il bene di tutti». Prova a buttare acqua sul fuoco il ministro della Giustizia Clemente Mastella: «Non c’è nulla di rivoluzionario o di anomalo. I rilievi sono legittimi e il governo darà i chiarimenti opportuni». Ma non è così facile.
Il costituzionalista Sergio Fois, già membro del consiglio di presidenza della Corte, spiega che non basterà un’integrazione delle motivazioni al Dpr. «Non possono essere appiccicate come un francobollo: ci vuole un atto ex novo e una nuova firma del capo dello Stato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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