nostro inviato a Torino
Gli scarriolanti e le loro urla di protesta. Non unidea particolarmente nuova, in verità. Inaugurata nel 1880, quando la mezzanotte della domenica, il caporale suonava il corno e i braccianti correvano con le carriole verso il podere. Replicata, in tempi più recenti, allAquila quando i terremotati hanno invaso il centro, devastato dal terremoto, per «riprendersi» le loro macerie. E rilanciata ieri, con invidiabile originalità, quando il popolo dei No Tav ha invaso Torino portandosi appresso, per svuotarle poi, in piazza Castello, davanti al Palazzo della Regione, le carriole cariche dei reperti della lotta dura, pura e, soprattutto, senza paura, che si combatte in Val Susa: pezzi di recinzione, rami dalbero, mattoni, cartucce di lacrimogeni.
E così eccoli di nuovo in corteo, gli irriducibili guerrieri dello slow train, spalleggiati e affiancati, come al solito, da sindaci e politici della valle delle battaglie, presenti, ovviamente, a «titolo personale». Sono gli scarriolanti dellAnno Domini 2012 che a Torino, bontà loro, sarà perché nevischia e si scivola pure nel caso si debba scappare, preferiscono lanciare solo uova e qualche petardo, mentre, nellassedio al cantiere di Chiomonte, sono soliti andar giù un po più pesanti. Convenuti dal monte e dal piano in autobus, treni e mezzi vari, saranno stati diecimila, dicono loro. A occhio tre, quattromila, ma non il è numero che cambia la sostanza. Perché la sostanza, questa volta, è di quelle nobili. Non tanto e non solo, infatti, lennesimo tentativo di far deragliare la Tav, ma il sostegno e la solidarietà ai «compagni» violenti che lo scorso luglio hanno attaccato le forze dellordine che presidiano larea dei lavori e che sono stati arrestati giovedì scorso. Alberto Perino, leader storico della protesta sintetizza come meglio non si potrebbe fare: «Siamo tutti e tutte black bloc, non ci sono buoni e cattivi. I nostri compagni li vogliamo liberi, liberi tutti, liberi subito perché non possiamo accettare questa operazione di polizia attuata con il solo scopo di cercare di dividere e smantellare il nostro movimento».
Ma in realtà la linea Perino, quella sì un po troppo veloce o quantomeno sbrigativa, che non ci siano buoni e cattivi, sarebbe da contestare, tenuto conto che tra i 26 finiti in manette ci sono un brigatista rosso ed un ex di Prima Linea, oltre ad autorevoli esponenti di spicco dei centri sociali di Milano e Torino. Non per nulla tra i manifestanti cè anche una selezione del team di Askatasuna che chiede la scarcerazione del loro leader Giorgio Rossetto. E che dire, sempre per la serie non ci sono buoni e cattivi ma tutti buoni, di quelle asce e spranghe, pronte per venire usate durante le manifestazioni in Val Susa, trovate in un centro sociale e degli oltre duecento feriti tra le forze dellordine nei «famigerati» scontri di luglio? Pagliacci vestiti da militari con caschi pieni di fiori, i manifestanti che scimmiottano i militari che presidiano il cantiere di Chiomonte. E momenti di altissima tensione quando, alle 16, in piazza Castello davanti al Palazzo della Regione, blindato dai poliziotti in tenuta anti-sommossa, i contestatori hanno preso a lanciare fumogeni e ad urlare slogan contro il procuratore Caselli, reo di essersi schierato «con i poteri forti» contro gli agenti, e i giornalisti. Contro tutto e tutti. E poi: «Gli arresti non ci spaventano».
Dopodiché hanno svuotato le loro carriole, recintando il terreno «conquistato» con il nastro rosso per simulare il cantiere della Maddalena di Chiomonte. Poi, tutti in ordine più o meno sparso, di nuovo lungo via Po per imbrattare, una ad una, le colonne dei portici e far rotta poi di nuovo verso la stazione di Porta Susa. Per la gioia dei loro supporter: dai dipietristi, al Sel di Nichi Vendola, dal Prc Paolo Ferrero ai grillini.
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