«Così ho inventato il borgo-albergo senza costruire»

Daniele Kilghren, l'idea dell'albergo diffuso è sua. Quanto ha contato il caso e quanto la sua formazione per elaborarla?

«È stato il caso: giravo per le terre abruzzesi, in moto, vicino all'Aquila, sono capitato a S. Stefano di Sessanio e ho fatto una pausa. Ero solo in questo borgo antico e abbandonato. Ho pensato che davvero l'Italia è ricca di scrigni e tesori così, meravigliosi e sconosciuti o anonimi, non valorizzati. Ho avuto l'illuminazione di trasformare quell'area in un hotel. Ma non costruendo qualcosa in più, al contrario: riqualificando il borgo senza aggiungere alcunché. Amo il bello forse perchè ho una laurea in filosofia. Sicuramente ho applicato un metodo all'idea della conservazione: Sextantio è il nome che identifica più che un tipo di albergo, un intero progetto di tutela e riqualificazione dei borghi storici. Per me ormai questa è una battaglia personale per difendere un'idea di estetica in cui la bellezza sta nella conservazione».

Quella che lei propone è una vacanza di lusso. Ma non è un lusso che può piacere a tutti, o sbaglio?

«È un lusso di nicchia, dietro ogni progetto c'è una grande ricerca, c'è lo studio. Per presentare questi ambienti che appaiono poco visibili ma sono straordinari, sono stati realizzati degli studi approfonditi in tutti i settori, le nostre armi sono la diligenza e la coerenza».

C'è anche un fine educativo nel tipo di esperienza che propone ai turisti?

«Quello che propongo è un cambio di mentalità: l'Italia ha subito l'amputazione del patrimonio storico minore, anche a causa del turismo.

Abbiamo più di 2mila borghi abbandonati e 10-15mila semi-abbadonati. Ma questi borghi fanno la nostra storia e sono una rarità. Bisogna tutelarne l'identità e valorizzarli. Insomma, bisogna provare a mettere tutto in discussione».

MCB

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