Così Mary vivrà con la faccia di un cadavere

L’intervento, durato 5 ore, è tecnicamente riuscito. Il professor Dubernard: «Reinnestati naso, labbra e mento prelevati da una donna morta poche ore prima»

Nino Materi

Mary, 36 anni, da anni non riusciva più a guardarsi allo specchio. Il suo volto sfigurato era privo di naso, labbra e mento: una visione insopportabile per chiunque, soprattutto per lei. Lei che fino a quella terribile mattina di gennaio (il giorno da incubo in cui un rottweiler le si avventò contro azzannandole la faccia) era una donna ammirata per la sua bellezza. Da ieri Mary è entrata nella storia della medicina per essere la prima donna al mondo cui sia stata trapiantata la faccia di un cadavere. Nell’intervento - eseguito nell’ospedale di Amiens in Francia - pelle, grasso e vasi sanguigni sono stati infatti rimossi dalla faccia di una donna morta poco prima dell’intervento e applicatì su parte del volto di Mary.
La donna che vive a Valenciennes, dopo essere stata attaccata dal cane, venne ricoverata ad Amiens, dove le le autorità sanitarie acconsentirono a metterla in lista d’attesa per il trapianto; nel frattempo Mary venne sottoposta a trattamenti complementari in vista dell’operazione. Sabato scorso, finalmente, è scatta l’ora X. L’operazione, durata oltre cinque ore, è stata effettuata dall’équipe di Jean-Michel Dubernard che ha cercato di ritardare la diffusione della notizia, anche in virtù delle prevedibili questioni etiche sollevate dalla procedura.
La donna ha intanto superato le prime quarantott’ore con la nuova faccia senza gravi reazioni di rigetto: secondo i medici la paziente non somiglierà al donatore, ma non sarà neanche come prima dell’attacco del cane, avvenuto a gennaio scorso.
«Il risultato dell’operazione è una sorta di volto “ibrido” - ha spiegato il professor Dubernard, responsabile dei trapianti all’università di Lione -. Dopo che per Mary l’autotrapianto non aveva avuto successo, abbiamo dovuto preparare il volto del donatore: nelle persone fortemente sfigurate, infatti, l’approccio tradizionale prevede il prelievo della pelle da una parte del corpo dello stesso paziente, per coprire la zona da trattare. Ma dopo il fallimento della tecnica tradizionale, occorreva una pelle con una consistenza particolare; dunque si è deciso di ricorrere a un donatore cadavere compatibile».
Il team francese, prima dell’intervento, ha sottoposto la paziente a un’approfondita consulenza, a causa delle implicazioni psicologiche legate al trapianto di faccia; basti pensare al drammatico precedente di quel malato che, dopo essersi fatto trapiantare una nuova mano, chiese di «tornare come prima» a causa dell’insopportabile dolore che l’arto gli procurava. Oltre al team di Dubernard, anche alcuni specialisti statunitensi e uno britannico avevano pianificato l’intervento e si erano detti pronti, da un punto di vista tecnico, a eseguirlo. Il trapianto di faccia made in France è stato definito «un grande passo avanti per la scienza e la medicina europea» da Peter Butler del Royal Free Hospital, che aveva sollevato la questione in Gran Bretagna e attendeva il via libera a eseguire l’operazione.
Il professor Dubernard, deputato e chirurgo all’ospedale Edouard Herriot di Lione, è noto per aver fatto il primo trapianto di una mano nel 1988 e il primo trapianto bilaterale di mano e avambraccio nel 2000. Al termine dell’intervento Dubernard si è mostrato soddisfatto ma prudente: «Restano alti i rischi, soprattutto quelli di un rigetto.

Se dovessero sopraggiungere serie complicazioni le parti trapiantate dovrebbero essere rimosse ma anche in caso di successo la paziente dovrà prendere farmaci immunosoppressori per tutta la vita». Per Mary un sacrificio compensato dalla gioia di poter tornare a guardarsi allo speccio.

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