Così la neurochirurgia può allungare la vita

Il professor Ducati: «Con le nuove tecniche rispondono meglio le cure antitumorali»

Così la neurochirurgia può allungare la vita

Monica Marcenaro

La sopravvivenza per i tumori maligni del cervello negli ultimi cinque anni è passata da sei mesi a due anni e questo grazie all'evoluzione della tecnica chirurgica e alle nuove terapie complementari. I pazienti vivono più a lungo e con una qualità di vita decisamente migliore. Sulle nuove frontiere della neurochirurgia si apre oggi a Torino il Congresso della Società italiana di Neurochirurgia che vede riuniti circa 700 specialisti provenienti da tutta Italia, con la partecipazione di colleghi tedeschi e americani. Di particolare interesse è uno dei temi congressuali che riguarda le applicazioni terapeutiche immediate della ricerca di base sulla patologia neurochirurgica, sia nel campo dei tumori, sia in quello della patologia funzionale (per esempio, malattia di Parkinson), sia in quella vascolare e degenerativa spinale. I rapporti tra ricercatori, istituzioni e media saranno poi analizzati in una tavola rotonda in programma domani con la presenza, tra gli altri, del ministro per la Salute, Francesco Storace e del professor Edoardo Boncinelli, biologo e genetista dell'ospedale San Raffaele di Milano.
In tutto il mondo occidentale ogni anno si registrano 300 nuovi casi di glioma, tumore maligno del cervello, ogni milione di abitanti. Per tanti lo sviluppo della tecnologia e dei farmaci hanno determinato un significativo cambiamento della prognosi. «Vivono di più e meglio - sottolinea Alessandro Ducati, presidente del congresso e professore di neurochirurgia all'università di Torino - se un tempo infatti era difficile rimuovere del tutto il tumore perché non c'erano mezzi adatti a distinguere la parte malata dal resto del cervello, oggi grazie alle nuove tecniche di visualizzazione intra-operatorie, come per esempio, la fluorescenza, siamo in grado di asportare la massa cancerosa in modo radicale». Non solo, l'evoluzione della tecnologia «ci ha permesso in sala operatoria di distinguere le diverse funzioni della corteccia cerebrale e di evitare, quindi, possibili danni».

Anche i farmaci di nuova generazione, più mirati, efficaci e meno tossici insieme a una radioterapia diretta al bersaglio hanno contribuito ad allungare le speranze di vita dei pazienti. Ed è proprio su questi temi che gli specialisti italiani si confronteranno nei prossimi giorni con i colleghi del resto del mondo.

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