Così vincerà il Milan: Pato il grimaldello per scatenare Dinho Il compito del Papero: procurarsi le punizioni

nostro inviato a Milanello

Kakà ha la pubalgia e questa non è una bella notizia. Flamini ha una caviglia (sinistra) gonfia (distorsione rimediata ieri pomeriggio su un vecchio trauma, scontro fortuito con Zambrotta) e questo colpo, nascosto dai resoconti ufficiali di qualche addetto che pensa di giocare a nascondino invece che lavorare per il Milan, può mettere Ancelotti spalle al muro. L’assenza che pesa come un macigno è la prima, naturalmente: può togliere il sonno a Galliani e ai milanisti. Kakà ha la pubalgia, già accusata attraverso qualche smorfia col Catania, e la scoperta esclude la sua presenza stasera a Torino, a dispetto della convocazione-civetta e della promessa di realizzare un provino, nella palestra dell’albergo, a poche ore dalla sfida con la Juve. I due ultimi allenamenti, venerdì (quello decisivo) e sabato (rifinitura poco impegnativa), saltati, sono un inquietante segnale più che un dettaglio banale. «Non sono nè ottimista nè pessimista» ripete Ancelotti, tentato dalla voglia di trascinarselo in panchina per utilizzarlo in caso disperato e con un antidolorifico.
Ma i guai non vengono mai da soli. E così al gravissimo handicap (senza Kakà e Gattuso, Milan sempre sotto, ultimo precedente Palermo), si aggiunge il rischio di ritrovarsi con un centrocampo improbabile nonostante il recupero di Pirlo e l’arruolamento di Ambrosini. Flamini, destinato a raccogliere la pesante eredità di Gattuso, ha una caviglia indolenzita dal trauma distorsivo. «Conseguenze da valutare» riferiscono le attendibili fonti interne che indulgono al cauto ottimismo. Senza Flamini, Ancelotti sarebbe nei guai obbligato a virare addirittura su Emerson, una toppa che non copre il buco. Ma l’allarme resta Kakà: la pubalgia è una brutta bestia, appare all’improvviso e altrettanto misteriosamente svanisce dopo le cure, da sempre il riposo risulta la terapia più efficace. L’unica, parziale fortuna per il Milan è l’arrivo della sosta natalizia: tre settimane di ferie più 10 giorni da qui all’interruzione del torneo possono eliminare o ridurre parzialmente la portata dell’infiammazione.
A causa dell’assenza, scontata di Gattuso, quella ormai certa di Kakà, e l’interrogativo sul francesino a centrocampo, il Milan deve preparare la sua sfida lavorando sullo schieramento della difesa di Ranieri, priva del suo regista, Legrottaglie. Fu il dettaglio utilizzato da Mourinho per ritagliarsi il successo a San Siro, può trasformarsi nell’arma letale rossonera. Specie se Pato (appena uscì lui a Palermo, si fece nera per i suoi) riuscisse a infilarsi tra Chiellini e Mellberg come una lama. Il resto è nelle mani di Maldini e Kaladze, la coppia su cui si poggia la possibilità di frenare il talento di Del Piero ed Amauri. L’anno scorso Alex mise alle corde il Milan, ne colse il cedimento castigandolo in modo esemplare. Del Piero aprì la scatola rossonera: Paolo Maldini, dopo gli elogi riservati al capitano bianconero, deve ridurre l’attività di Alex se vuole assicurarsi un finale di carriera senza altre ombre scomode, tipo quella di Palermo (il colpo di testa concesso a Cavani).
Per proteggere la difesa e garantire assistenza adeguata all’attacco made in Brasile, decisivo risulta il ritorno di Pirlo e il suo rendimento.

«Si è allenato come si deve per due settimane» informa Daniele Tognaccini, Milan-lab. Fu mandato alla sbaraglio a Palermo. E Ronaldinho? Qui si apre l’ultimo capitolo della sfida che attiene alle punizioni e al duello speciale con Del Piero. Bisognerà procurarsele: capito Pato?

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