W ikipedia nacque da un'intuizione libertaria. Secondo lo stesso Jimmy Wales, che aveva seguito un corso di teoria economica alla Auburn University, fu la lettura dell'economista Friedrich A. von Hayek a suggerire l'ipotesi di questa enciclopedia on line di cui tutti possono essere i redattori. In alcuni celebri articoli lo studioso austriaco aveva infatti contestato le logiche della pianificazione economica (e della programmazione) evidenziando che ci sono tutta una serie di conoscenze fattuali che per loro natura sono disperse, e che nessun pianificatore centrale è in grado di maneggiare. Esse sono invece utilizzate dagli innumerevoli attori di un mercato libero e plurale. Nel 2001 Wales partì da qui.
Egli comprese come anche per la più competente, prestigiosa e organizzata delle enciclopedie tradizionali non fosse semplice poter raccogliere quelle informazioni specifiche che ognuno di noi possiede. Un esito della creazione di Wikipedia è che oggi è assai facile sapere grazie all'edizione italiana quanti cittadini filippini sono registrati a Biella (ben 390) e grazie a quella francese che quota di musulmani del Niger aderisce alla fraternità sufi (circa il 47%).
Sul piano delle informazioni si può essere ragionevolmente fiduciosi che Wikipedia sia credibile, anche grazie al costante monitoraggio riservato a ogni lemma. Le cose cambiano in maniera radicale, però, quando ci si sposta sulle questioni culturali, dal momento che mentre da un lato Wikipedia fa professione di neutralità d'altro lato è evidente che essa rappresenta un concentrato di conformismo. Può essere allora interessante chiedersi in che modo un progetto in qualche modo libertario e volto a delineare una nuova encyclopédie, stavolta decentrata, si sia convertito in uno strumento posto a difesa dello status quo dirigista.
Il punto di partenza è che, in linea di massima, Wikipedia è scritta da chiunque voglia farlo. È possibile aprire una pagina e modificarla, oppure anche aggiungere una voce inedita. È però evidente che tra gli autori (tra coloro che spontaneamente e senza remunerazione redigono i testi) è più facile trovare professori di scuola media invece che artigiani, bibliotecari invece che imprenditori, e via dicendo. I primi hanno più tempo a disposizione e spesso si ritengono adeguatamente competenti per trattare questioni di diritto, metafisica, sociologia, letteratura spagnola e via dicendo. Ne discende che nelle voci dell'enciclopedia on line troviamo uno spirito da servizio pubblico che si converte in un costante tono censorio verso ogni eresia. Va aggiunto, inoltre, che esiste un comune sentire che unisce la maggior parte di quanti hanno letto, nel corso della loro vita, un certo numero di libri. Se oggi gli intellettuali sono assai meno tolleranti del resto della società (di recente un professore universitario ha perfino immaginato l'introduzione del reato di «negazionismo climatico»), non è sorprendente che Wikipedia sia quello che è.
Non bisogna poi dimenticare che insieme agli scrittori occasionali (registrati oppure no) svolgono un ruolo cruciale quanti occupano un incarico specifico. Si tratta dei cosiddetti «amministratori», a cui spetta anche di decidere in un senso o nell'altro quando le divergenze si fanno ingestibili. Basta leggere qualche discussione per comprendere che si tratti per lo più di quella piccola porzione della popolazione che, in Italia, quando al mattino va all'edicola compra La Repubblica oppure il Corriere della Sera. Il risultato è una mancanza di senso critico che rende Wikipedia assai sbilanciata a favore di talune posizioni. Non c'è quindi da stupirsi se, come sul New York Times oppure alla CNN, anche nell'universo genialmente inventato da Wales con populista s'intende qualcosa di spregevole, mentre la ragione sta con quanti sono progressisti e quindi bene allineati con le istituzioni. Una fonte costante di diatribe, ad esempio, è il carattere enciclopedico o meno di un lemma. In poche parole si deve stabilire se questo o quel tema meritano di essere trattati. Oltre a ciò si tratta anche e soprattutto di vedere in che modo quell'argomento se degno di una voce sarà presentato. Alla luce di quanto s'è detto sul profilo culturale della maggior parte di quanti gestiscono l'enciclopedia, è facile comprendere il suo carattere sfacciatamente mainstream. Per cogliere quanto Wikipedia finisca quasi sempre per essere conformista è sufficiente consultare la versione italiana alla voce Riscaldamento globale. Molto corposo, il lemma presenta una lunga serie di analisi a sostegno delle tesi sposate dai governi occidentali e dalle organizzazioni da loro finanziate: in altre parole, si afferma in termini apodittici l'origine prevalentemente antropica del riscaldamento in una polemica con un interlocutore che però è assente. In effetti, le tesi di quanti sono scettici al riguardo (premi Nobel inclusi) non sono citate: neppure per essere contestate.
Alla fine si arriva a conclusioni straordinarie, poiché si dice che l'equilibrio ambientale che dobbiamo raggiungere è «del tutto incompatibile con la società attuale e gli stili di vita della popolazione occidentale, con il modello di sviluppo dell'economia di mercato basato prevalentemente sul consumo di combustibili fossili e la trasformazione sempre più intensiva di risorse naturali per alimentare il PIL delle economie nazionali». In poche righe troviamo un condensato dei luoghi comuni più triti: dall'idea che l'economia attuale sarebbe basata sul mercato fino alla necessità di farla finita con petrolio e gas metano. La necessità di un grande reset gestito dall'alleanza tra politica, affari e intellettuali allineati diventa così una necessità ineludibile: alla faccia della dichiarata neutralità.Prima di essere un problema (dato che è diventata la fonte primaria di conoscenza di una parte significativa del genere umano), Wikipedia è un sintomo. Essa la dice lunga sullo stato della cultura del nostro tempo ovunque: anche se è vero che la versione inglese è spesso un po' meglio di quella italiana oppure di quella francese.
In fondo, l'enciclopedia si regge su una micro-democrazia che vede attivi intellettuali volontari, i quali talvolta ricordano quello che in George Orwell è chiamato il partito esterno. Tutto questo, però, entro un ordine di potere i cui tratti e meccanismi sono assai più complessi di quelli descritti dallo scrittore inglese in 1984.
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