Roma - Resterà famoso come il "picconatore". L’appellativo gli fu appioppato, e da lui orgogliosamente rilanciato e rivendicato, nella fase finale del suo mandato presidenziale quando iniziò a menare fendenti a destra e a manca, senza risparmiare nessuno ed alcun tema, con foga dissacrante e veemenza politica.
Il politico dei record Francesco Cossiga (nato a Sassari il 26 luglio del 1928) è stato un unicum nel panorama politico italiano: non solo per essere stato il più giovane presidente della Repubblica (dal 1985, a 56 anni, dopo essere stato il più giovane presidente del Senato dal 1983), ma per la quantità di scosse date ad un ambiente sensibile alle dichiarazioni e rivelazioni. Il suo nome resterà indelebilmente legato ai terribili 55 giorni del rapimento di Aldo Moro nella primavera del 1978 ad opera delle Brigate Rosse, conclusisi con l’assassinio dell’uomo politico democristiano. In quei giorni Cossiga era ministro dell’Interno e presiedette il comitato di crisi da lui stesso istituito presso il ministero e tutto composto (come si scoprì in seguito) da affiliati alla loggia massonica P2.
Una Repubblica di misteri Uomo dei misteri e disvelatore degli stessi (fu il primo a parlare di Gladio, organizzazione paramilitare filoamericana istituita in Italia semiufficialmente in funzione anticomunista), dalla fase terminale del suo mandato presidenziale in poi ha giocato il ruolo di destabilizzatore di equilibri politici e di anticonformista. Ha vissuto gli ultimi decenni della vita politica italiana in simbiosi con un altro leader democristiano di lunga carriera, Giulio Andreotti, rispetto al quale si è spesso trovato su fronti opposti. Orgogliosamente legato alla sua Sardegna, era cugino dei Berlinguer, famiglia il cui esponente politico più noto, Enrico, fu segretario del Pci. Da un punto di vista internazionale, Cossiga è stato un grande amico della Gran Bretagna, dell’Irlanda e dei Paesi Baschi ed è stato un fiero oppositore di tutti i nemici dei suoi "amici". E’ stato uno studioso di Rosmini e Tommaso Moro.
Le lotte studentesche Come ministro dell’Interno, oltre che per il caso Moro (alla cui conclusione si dimise dall’incarico), fu famoso per la repressione delle lotte studentesche nella seconda parte degli anni 70 e della riforma dei servizi segreti. Fu accusato della "responsabilità morale" della morte della studentessa Giorgiana Masi ad opera della Polizia nel corso di scontri ad una manifestazione nei pressi di Trastevere a Roma nel 1977; erano i tempi in cui graffitari politici scrivevano il nome del ministro con la K ed il simbolo delle Ss naziste. E’ sempre stato un grande esperto ed appassionato dei temi correlati alla intelligence ed alle tecnologie di trasmissione dati via etere, collezionando le trasmittenti più sofisticate ed ogni tipo di telefono cellulare, oltre che radioamatore. In una incredibile intervista dell’ottobre 2008, bissata da uno stupefacente intervento parlamentare, confermò di avere infiltrato il movimento studentesco degli anni 70 con agenti provocatori per cercare poi sostegno popolare alla repressione poliziesca. Del resto l’uomo ha sempre amato gesti eclatanti, clamorosi e anticonformisti come la scelta di dimettersi dal mandato presidenziale due mesi prima della scadenza (onde evitare un "ingorgo istituzionale" con le elezioni politiche).
Le svariate tendenze Da allora in poi la sua attività politica ha assunto le più svariate tendenze: nel 1998 permise la nascita del governo D’Alema (il primo governo in Italia presieduto da un esponente dell’ex Partito comunista) dando vita ad una nuova formazione politica (l’Udr) che diede a questo governo in Parlamento la maggioranza necessaria; negli anni successivi
sostenne invece contestate iniziative del governo Berlusconi con espliciti interventi. E’ stato probabilmente il simbolo della difficile transizione italiana dagli anni dei governi democristiani a quelli del bipolarismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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