Costo del lavoro, i tagli fanno a fette l’Unione

Antonio Signorini

da Roma

Tutti d’accordo nel dire che bisogna tagliare il costo del lavoro di cinque punti; in ordine sparso quando si tratta di dire chi dovrà beneficiare di questo sgravio. In sintesi, la questione per il centrosinistra è questa: il taglio del cuneo contributivo deve andare in gran parte nella busta paga dei lavoratori oppure deve puntare ad alleggerire i costi che sostengono i datori di lavoro, favorendo la competitività? Una questione non da poco, visto che il taglio del cuneo fiscale è la principale proposta dell’Unione per le prossime elezioni politiche: la misura che, secondo Prodi, servirà a dare una «frustata» all’economia italiana.
Nelle quasi 300 pagine di programma dell’Unione il tema non è praticamente affrontato. E ieri il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti ha approfittato dell’incertezza per dire che il taglio dovrà favorire soprattutto i lavoratori e anche per proporre una precisa proporzione di quanto dovrebbe andare alle aziende e quanto ai dipendenti: un terzo alle prime e due terzi ai secondi. Ad esempio «se ora un lavoratore prende 100 prenderebbe 120, a fronte di un guadagno di 30 per effetto della riduzione del cuneo fiscale. Dunque, 10 andrebbe all’impresa e 20 al lavoratore».
Il leader dell’Unione Romano Prodi non ha mai fatto accenno alla proporzione, limitandosi a dire che «il valore di questa azione (cioè del taglio, ndr) risiede nel fatto che, da un lato, restituisce competitività alle imprese riducendone il costo del lavoro, dall’altro, incrementa il reddito disponibile dei lavoratori». L’abbattimento del cuneo di cinque punti in un anno è stato anche il piatto forte che il Professore ha presentato agli industriali di Confindustria al convegno di Vicenza. Ma le aspettative della principale associazione datoriale, cioè un abbattimento di dieci punti, sono destinate a non essere soddisfatte.
I Verdi, ad esempio, vorrebbero, come Bertinotti, destinare alle aziende solo un terzo di quel 5 per cento promesso. E sulla destinazione della quota restante, il Sole che ride si distingue anche dal Prc. «Il cuneo - ha spiegato Paolo Cento - secondo noi va ridotto secondo una tripartizione: un terzo ai lavoratori un terzo alle imprese un terzo alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro e all’innovazione tecnologica». Un 33 per cento, quindi, dovrebbe andare a un fondo ad hoc per finanziare ricerche, ad esempio, sull’energia solare, e per favorire l’occupazione a tempo indeterminato. «Non esiste solo la busta paga del lavoratore a tempo indeterminato, ci sono anche i precari», spiega.
Decisamente più a favore delle imprese la proposta della Rosa nel pugno. Secondo Roberto Villetti, esponente socialista della nuova formazione politica, va mantenuta la proporzione che esiste già oggi per i contributi. Siccome gravano per la maggior parte sui datori, allora bisogna che siano proprio le imprese a beneficiare maggiormente del taglio. E un’idea sarebbe quella di destinare due terzi alle imprese e un terzo ai lavoratori. Il modello è quello delle socialdemocrazie scandinave ed è esattamente il contrario di quanto ha proposto Bertinotti. Se si allarga il campo anche ai sindacati, va messa nel conto la provocazione fatta dal leader della Uil Luigi Angeletti: perché non dare tutto ai lavoratori? Con le buste paga crescerebbero anche i consumi e alla fine anche le imprese ne risentirebbero positivamente. Chi preferisce non entrare nei dettagli sono i Democratici di sinistra. Parlare della ripartizione «oggi è prematuro», spiega il responsabile lavoro Cesare Damiano.

«La materia è di estrema complessità in quanto i contributi che gravano sulla busta paga non sono omogenei tra i diversi settori e tra le imprese di diversa dimensione». Conviene quindi prima «fissare criteri generali» e poi «ripartire la riduzione» del cuneo. L’importante è che il taglio «non tocchi i contributi previdenziali». Ne risulterebbero compromesse le pensioni future.

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