Coulotte e reggicalze: è l’alta moda nel segno del low cost

LUSSO E CRISI Per Dior modelle con la lingerie in vista. Per Lacroix al tracollo una sfilata di solidarietà

Coulotte e reggicalze: è l’alta moda nel segno del low cost

ParigiL’alta moda ai tempi del low cost è una contraddizione in termini su cui bisogna decidersi a riflettere per evitare di perdere un patrimonio inestimabile d’artigianato e creatività. Non a caso a Parigi sono cominciate le sfilate haute couture per il prossimo inverno con un programma in tutti i sensi ridotto ai minimi termini. Per esempio al defilé Dior solitamente vengono invitate 800 persone in una sola tornata invece ieri per il doppio appuntamento sono partiti 500 inviti in tutto.
Esile anche se ben raccontata l’ispirazione dei 35 modelli creati dall’immaginifico Galliano: le foto di Monsieur Dior con le sue modelle che si preparano a uscire in passerella. Per la fretta una dimentica la gonna, l’altra la blusa, la terza lascia il reggicalze a vista come del resto fanno le sue colleghe con le coulotte di raso, la sottogonna da crinolina, la guêpière contenitiva e via così. In buona sostanza l’idea di mostrare la lingerie lanciata da Jean Paul Gaultier negli anni Ottanta e consegnata al mito da Madonna con il video di Like a virgin, nelle mani del designer di Gibilterra diventa un pretesto per far ammirare la precisione dei tagli delle giacche e la maliziosa bellezza di alcuni abiti da sera completamente aperti davanti. Ma da un talento creativo di questo calibro ci si potrebbe aspettare di più anche se poi vieni a scoprire che la griffe nonostante la crisi fattura 700 milioni di euro. D’altro canto a Parigi si dice che les affaires sont les affaires come tristemente ha scoperto un genio del calibro di Christian Lacroix che è sull’orlo del fallimento con il 95 % dei 125 dipendenti da lasciare a casa entro fine mese. I conti vanno male ma non malissimo: 10 milioni di perdite su un giro d’affari di 30 milioni sono ancora pochi rispetto alla fortuna accumulata con i duty free dalla famiglia Falic che nel 2005 ha acquistato il marchio dal Gruppo Louis Vuitton Moet Hennessy promettendo grandi cose. Ma i fornitori non sono stati pagati accumulando debiti da capogiro: da 15 a 20 milioni solo per i laboratori dei ricami, 4 milioni al fabbricante francese Grandiss, senza contare 1,2 milioni di stipendi mai versati al povero Lacroix. Infatti per la sfilata in calendario oggi pomeriggio si è scatenata una vera e propria cordata di solidarietà capitanata da Ines de la Fressange e da Bruno Frisoni che hanno fornito le scarpe di Roger Vivier, il marchio di accessori di lusso controllato da Diego Della Valle. «Christian ha aiutato tanta gente e adesso è giusto che tentiamo di ridargli quel che ci ha donato» ha detto Frisoni mentre presentava la strepitosa collezione disegnata per Vivier con la borsa Carlalala dedicata a Carla Bruni e il modello Piupiupiu composto da due uccellini che si baciano in un trionfo di piume. Mentre Giuseppe Zanotti, magico produttore di calzature femminili che ieri sera ha inaugurato la sua terza boutique parigina, aveva preparato le scarpe che Michael Jackson avrebbe dovuto indossare durante il suo ultimo tour. Eva Cavalli non rivela il nome della principessa araba che ha ordinato l’abito da sposa da 300mila euro nella boutique di Faubourg Saint Honoré dove è partito il progetto Exclusive Service.

«Dall’ordine alla consegna passano tre mesi e per ogni modello ci vogliono minimo 200 ore di lavoro anche se i capi ricamati ne richiedono 700» ha detto la signora Cavalli. Dunque il lusso logora chi non ce l’ha? «In termini aziendali sì. Nei negozi si vendono le borsette da 100 euro e i pezzi più costosi: la via di mezzo sembra destinata a sparire».

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