Cowell spegne le 25 candeline di Aperitivo

Domani alle 11 si conclude al Teatro Manzoni la XXV stagione di Aperitivo in Concerto con un vero regalo per Milano. Arriva infatti il pianista Stanley Cowell in trio con Tarus Mateen contrabbasso e Nasheet Waits batteria, figlio del celebre Fred Waits, virtuoso dello stesso strumento. Cowell, molto apprezzato anche come compositore e come esperto del trattamento del suono per il quale ha pubblicato nel 1972 un saggio intitolato Miss Viki, è nato a Toledo, Ohio, nel 1941. Sono importanti sia il luogo sia la data. Toledo è la città che nel 1909 diede i natali ad Art Tatum, da molti considerato il più straordinario pianista di musica afro-americana di ogni tempo, ammirato perfino da Sergei Rachmaninov, Vladimir Horowitz e Arturo Benedetti Michelangeli. Avviato a quattro anni dai genitori musicisti allo studio del pianoforte, Cowell incontrò il maestro da bambino perché Tatum frequentava la sua casa e naturalmente ne fu influenzato. Per quanto riguarda la data, bisogna tener conto della maturazione precoce di Cowell, per cui a metà degli anni Cinquanta era già in grado di raccogliere vivi consensi in pubblico e di mostrare uno stile definito, al di là dell'affinità con Tatum. Durante la prima adolescenza aveva assistito alla progressiva diffusione del jazz moderno - il cosiddetto bebop «irsuto e coraggioso» -, al suo stemperarsi nelle sommesse raffinatezze del cool jazz e alla successiva ripresa di cui Cowell ha fatto parte fra i solisti migliori. Un vero regalo, si diceva, del quale va dato il giusto merito ai responsabili di Aperitivo. Cowell sostiene addirittura di non essere mai stato a Milano, e bisogna credergli, sebbene qualche musicofilo di lungo corso assicuri di averlo ammirato nel 1972 in una sala allora attiva in piazza Duomo, il Jazz Power, come collaboratore del gruppo Music Inc. del trombettista Charles Tolliver. In seguito, dopo sodalizi significativi con Sonny Rollins e con gli Heat Brothers (da aggiungere ad altri degli anni Sessanta con Miles Davis, Max Roach, Stan Getz e con la grande orchestra di Thad Jones & Mel Lewis) Cowell ha preferito tenere concerti e incidere dischi con trii propri. Questi cenni sono più che sufficienti a mettere nel dovuto risalto l'autentica chiusura in bellezza della stagione 2009-2010 con cui Aperitivo ha celebrato il proprio quarto di secolo: una bella età, per un'organizzazione che si occupa di musica quanto mai impegnativa. Si deve ribadire che Aperitivo è l'unica iniziativa musicale milanese che dedichi da anni la maggior parte della propria attività al jazz e all'improvvisazione più coinvolgente e affascinante, in una città che per il resto è poco operosa in questo ambito, specie se si pensa all'epoca ormai lontana in cui Milano era «la metropoli italiana del jazz». La scelta si è rivelata vincente. In ogni occasione Aperitivo registra il tutto esaurito, a cominciare dall'inaugurazione di questa stagione quando si è trasferito in via eccezionale al Teatro Dal Verme, più capiente del Manzoni, per ospitare il nome illustre di Sonny Rollins «Saxophone Colossus». L'entusiasmo del pubblico non è mai mancato e gli esperti non hanno trovato motivi di critica. L'individuazione degli episodi migliori è materia di opinioni personali.

A nostro avviso si può attribuire la palma, oltre a Sonny Rollins e al suo sestetto, a Miroslav Vitous con Michel Portal e Franco Ambrosetti, al quintetto Masada di Dave Douglas, Uri Caine, Chris Potter, Greg Cohen e Joey Baron, a Vijay Iyer con Mike Ladd e al percussionista Hamid Drake con il suo gruppo Bindu.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica