Crisi, con la fiducia ne usciremo più forti

Nel corso di un anno è cambiato in modo profondo il contesto economico nazionale e internazionale. Solo dodici mesi fa presentavamo un bilancio seguendo uno schema abituale: le nostre attività, i risultati ottenuti, le strategie per il futuro, i dati economici. Poi la tempesta perfetta. Non prevista, di fatto non ancora spiegata né forse capita, non riconducibile ad altre esperienze storiche, non governabile nel suo decorso e nei suoi esiti. Questo in barba a tutti i sistemi di controllo elaborati dal sistema per prevedere ed evitare il disastro finanziario.

Non è questa la sede per fare gli economisti o i professori. Ricordo però l’immagine emblematica di questa crisi, gli impiegati di Lehman Brothers che lasciano i loro uffici con le scatole di cartone. Forse non gli stessi individui, ma certo i colleghi di quelli che tante volte hanno tacciato di immobilismo, conservatorismo, eccesso di prudenza la nostra azienda e aziende che come noi si sono sempre ostinate a considerare un valore fondante l’equilibrio tra entrate e uscite e il debito una risorsa ma solo in condizioni eccezionali. Gearing, leverage, shareholders value, sono state per decenni le parole chiave - alla stregua di slogan ideologici - per ottenere buoni voti dalla business community. Ora ci ritroviamo in un contesto-paese che - ironia della storia - proprio in quanto periferico rispetto alla grande rete della finanza mondiale, resiste meglio di altri alla crisi dei soldi senza copertura. E ora, meglio di altri, anche perché siamo un Paese di piccole e medie aziende, stiamo resistendo sul fronte dell’occupazione e delle conseguenze sociali.

Sono noti gli indicatori virtuosi del risparmio delle famiglie e della proprietà immobiliare, e sono note le propensioni non al debito, ma alla sicurezza economica della famiglia italiana. Il governo c’è. Sicuramente non può accontentare tutti. Ma c’è e fa. Immagino quanto sia difficile trovare risorse senza aumentare il debito. Ma questa è lungimiranza: il Tesoro cerca di fare interventi proporzionati senza sfondamenti dei conti pubblici che poi ci appesantirebbero per gli anni a venire. Un’ultima considerazione prima di chiudere. Noi di Mediaset questo momento storico lo viviamo in quanto soggetto economico ma anche come editori. Ciò significa che ci sentiamo responsabili di come viene vissuta e percepita la crisi dagli italiani. Le notizie vanno date. Ma il catastrofismo, che tanto attrae il mondo dell’informazione e che una cattiva politica usa strumentalmente senza tanti problemi, è un moltiplicatore di crisi. Qual è la vera notizia oggi? Un’azienda che chiude o un’azienda che compete con successo e magari assume personale? Noi abbiamo fiducia nelle imprese italiane. Viviamo di pubblicità e sappiamo che da una crisi si esce sempre e si esce più forti di prima. Per questo chiediamo ai nostri clienti di investire: farlo oggi significa difendere le quote di mercato e farsi trovare più competitivi al momento della ripresa. E noi abbiamo molta fiducia anche nel sistema Italia. Nel passato abbiamo in questa sede rivolto alla politica la richiesta di stare con e non contro le imprese.

Oggi ci rivolgiamo innanzitutto ai nostri colleghi imprenditori. Abbiate fiducia. Investite in fiducia.

Al di là di ogni intervento governativo, infatti, la spinta primaria per la ripresa nasce dal basso, dall’economia reale, da chi lavora e vuole dare un futuro al proprio lavoro.
Fedele Confalonieri
Estratto dall'intervento del presidente di Mediaset alla comunità finanziaria

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