Crisi mutui, crac evitato: in Borsa si brinda al rialzo

L’Europa guadagna il 3%. Forti acquisti sui bancari, nella speranza che le maxi-svalutazioni siano finite. A Wall Street il Dow Jones segna un +2,58%

Crisi mutui, crac evitato: 
in Borsa si brinda al rialzo

Milano - Lo tsunami finanziario Freddie Mac e Fannie Mae ridotto a tempesta minore mette le ali ai mercati. Ieri le Borse europee hanno messo a segno rialzi superiori al 3% (più 2,7% Milano), trascinate dal settore bancario, che ha guadagnato il 5,8%. Anche a Piazza Affari i titoli del credito hanno brindato, con Unicredit che ha guadagnato il 5,1% e con forti acquisti anche su IntesaSanPaolo (più 3,8%) e Mps (più 4%). Ad anticipare la buona chiusura delle piazze europee erano state le colleghe asiatiche con il Giappone che ha chiuso in rialzo del 3,4% e Hong Kong del 4,3%. I listini del Vecchio continente sono poi stati sostenuti dall’andamento euforico di Wall Street: deciso il rialzo finale del Dow Jones (più 2,58%), più contenuto quello del Nasdaq (più 0,62%).

L’iniezione di adrenalina è stata somministrata nel week end dal segretario al Tesoro Usa, Henry Paulson, ai due big del credito immobiliare Fannie Mae e Freddie Mac a rischio di collasso. I titoli delle due agenzie hanno infatti bruciato ieri l’80% del loro valore. Il salvataggio prevede che nell’immediato il dipartimento Usa fornisca alle due sorelle risorse fresche per un miliardo di dollari, poi il Tesoro potrà intervenire ancora elargendo altri 200 miliardi e salire all’85% del capitale di F&F.

Con il fallimento di Freddie Mac e Fannie Mae si rischiava infatti una reazione a catena. I due colossi Usa che acquistano mutui dalle banche americane e poi li rimpacchettano sotto forma di bond o altri derivati, con questi strumenti finanziari hanno riempito i portafogli degli istituti bancari e assicurativi di tutto il mondo. Le cifre in ballo sono esorbitanti: F&F garantiscono ben 5.300 miliardi di dollari di mutui, la metà di quelli erogati negli Usa. «Il loro fallimento avrebbe portato a pesantissime svalutazioni, restringendo ulteriormente il credito», spiega un analista.

La crisi finanziaria, iniziata lo scorso giugno a causa del crollo dei mutui Usa, non si sarebbe arrestata e le maxisvalutazioni sarebbero proseguite. «Anche Citigroup, che dall’anno scorso a oggi ha ripulito i portafogli per 38,8 miliardi e annunciato aumenti di capitale a catena, in tutto per 34,5 miliardi, non sarebbe stata al riparo», spiega un altro analista. Ma nel ciclone non sono finite solo le banche americane: ad oggi Bank of China ha svalutato oltre 4 miliardi, Deutsche Bank 7,2 miliardi. In Italia la sola ad annunciare svalutazioni è stata Unicredit: 1,7 miliardi di euro da inizio anno, senza nessun aumento di capitale.

Ora l’intervento del Tesoro Usa rimescola le carte in tavola. Il piano va dritto dell’epicentro della crisi finanziaria e punta a far ripartire il mercato immobiliare Usa. Con l’intervento pubblico, i prodotti finanziari di F&F non saranno più solo sponsorizzati dal Tesoro, ma saranno anche garantiti e le banche Usa potranno ricominciare a erogare mutui, sicure che le due sorelle continueranno ad acquistarli.
«Per questo ieri i mercati hanno brindato. Il timore di un crollo di F&F creava molta instabilità, l’intervento del Tesoro Usa, in un momento in cui anche il petrolio si è sgonfiato, toglierà un forte motivo di incertezza», spiega Alessandro Fugnoli, strategist di Abax Bank. Anche le maxisvalutazioni degli istituti bancari potrebbero essere finite. Anzi, se ripartisse il mercato immobiliare Usa, chi ha ripulito di più i bilanci, le banche americane in prima fila, potrebbe annunciare alcune rivalutazioni.

«È ancora presto per valutare gli effetti dell’intervento di Paulson - spiega Antonio Cesarano, strategist di Mps capital services -, il mercato ha reagito in maniera euforica come fece con il salvataggio di Bear Stearns, ma per vedere se ci sarà una ripresa del settore immobiliare Usa dovremo aspettare».

Dopo l’intervento del Tesoro non tutti esultano. In uno studio pubblicato ieri, Richard Bernstein, capo strategist per gli Stati Uniti di Merrill Lynch, avverte che «è ancora presto per tornare a investire sui titoli finanziari». Contrario all’intervento pubblico è anche Nouriel Roubini, uno degli economisti più ascoltati negli Usa che già dal 2000 insieme ad Alan Greenspan aveva lanciato l’allarme sui mutui.

Roubini critica l’intervento del Tesoro «perché non risolve alla radice il problema del facile credito, anzi lo accresce».

La frittata era già mezza e che fatta: nonostante avessero debiti pari a 62 volte il patrimonio, F&F hanno sempre avuto facile accesso ai crediti perché il Tesoro le ha sponsorizzate.

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