Luca Testoni
Ultime date della lunga tournée estiva per Cristina Donà, da tempo una delle artiste più stimate della canzone dautore dellultima generazione. A testimoniarlo i riconoscimenti dei premi Tenco e Ciampi alla bontà del suo lavoro.
«Questa serie di concerti, incluse due date di Soupsongs di Roma e Rimini (il live-tributo allex Soft Machine Robert Wyatt, tra i suoi più accreditati fan, ndr), hanno rappresentato una sorta di saluto con ringraziamento a tutti coloro che mi hanno sostenuta sino ad oggi, venendo ai miei spettacoli, comprando i miei dischi o parlando della mia musica. Si chiude un ciclo di due anni di lavoro intenso e meraviglioso», ha dichiarato di recente leclettica Donà, attesa domani sera (dalle 21.30, ingresso libero) nello splendida conca verde dellarea Anfiteatro del Montestella, allinterno del cartellone della Festa nazionale de LUnità.
Forte di una quantomai prepotente sensibilità femminile e di una scrittura decisamente originale - doti che le hanno conseguito di diventare una delle voci più credibili del cantautorato italiano -, Cristina Donà è riuscita nella non facile impresa di accrescere il proprio seguito nonostante sia stata sistematicamente ignorata dalla tv. Ma non se ne rammarica: «Fa niente. Anzi, sono contenta di essere diventata popolare attraverso i dischi, i concerti e il tam tam di quanti mi hanno conosciuto solo grazie alla mia musica e non per un passaggio in televisione».
Il pregio maggiore della cantautrice nata a Rho, ma da anni residente in un piccolo paese di montagna della Val Brembana? Quello di fare una musica, di spessore e mai banale, che non assomiglia ad altro se non a se stessa. Come nel caso di Dove sei tu, il terzo album di canzoni originali, uscito ormai un paio di anni fa e prodotto dallex Cousteau Davey Ray Moor (che ha preso il posto di Manuel Agnelli degli Afterhours, in cabina di regia nei due dischi precedenti: Tregua e Il nido).
La Donà, prendendosi tutto il tempo necessario, ha avuto il coraggio di andare per la propria strada, magari rischiando di perdere il bandolo della matassa, ma arrivando a pubblicare un disco che è un prezioso gioiello di cantautorato rock. Unica novità: una maggiore attenzione, se vogliamo, alla forma-canzone. «La scelta di Davey è stata sicuramente legata a questo fatto: trattare le canzoni come canzoni. Se avessi voluto fare sperimentazione, avrei chiamato qualcun altro», analizza a posteriori. «E altrettanto sicuramente lui era naturalmente predisposto a un percorso musicale di questo tipo. Questo ha fatto in modo che tutto venisse fuori in modo più naturale. Non mi interessava essere criptica, come spesso si pensa si debba essere nel mondo della musica indipendente».
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