Croce rossa, appello internazionale

Altre irregolarità: il giudice non ha nominato un tutore né ascoltato la piccola

Stefano Zurlo

da Milano

Due punti, anzi tre. Sono i pilastri su cui è costruito il ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo per Maria. «I suoi diritti - spiegano gli avvocati Andrea Saccucci e Anton Giulio Lana - sono stati calpestati. Per questo chiediamo la condanna dell’Italia». Certo, il futuro della bimba si giocherà a Minsk, ma una parte del suo destino, e in qualche modo dell’onore dell’Italia, sarà discusso a Strasburgo. E una sanzione, se arrivasse, sarebbe per il nostro Paese uno di quegli schiaffi che fanno arrossire.
«Anzitutto - spiega Lana - è stato calpestato il diritto, previsto dall’articolo 3 della Convenzione per i diritti dell’uomo, a non subire trattamenti disumani e degradanti. Maria in Bielorussia è stata violentata, e questo è un dato che nessuno contesta. Bene, non ci sono garanzie che un dramma del genere non si ripeta. Non solo: il suo rientro a Minsk la espone a una sorta di tortura dal punto di vista psicologico, non meno delicato». Esagerazioni? Basta leggere il parere messo nero su bianco in una lettera al presidente del tribunale per i minori Adriano Sansa del 5 settembre scorso da Antonietta Simi, la neuropsichiatra infantile della Asl di Genova che ora ha accompagnato a Minsk la bimba (il testo della lettera è riportato nell’articolo qui sopra, ndr). La specialista paventava in modo nettissimo, «danni permanenti all’equilibrio psico emotivo» della bimba se fosse stata riportata in Bielorussia forzando la sua volontà.
Lana torna alla carica: «Capisce? Poi il sottosegretario alla giustizia Daniela Melchiorre ha il coraggio di dichiarare che i coniugi Giusto avrebbero dimenticato “il supremo interesse della minore”. Ma di cosa parla? Spedirla in Bielorussia vuol dire invece infliggere alla bambina un danno permanente. I Giusto hanno solo seguito la loro coscienza di padre e di madre e non hanno violato alcuna legge». Certo, si può obiettare, come hanno fatto i giudici genovesi, che i genitori affidatari non avevano alcun titolo per fermare Maria a casa loro. Ma ancora una volta la Convenzione e la giurisprudenza di Strasburgo vengono in soccorso dei genitori italiani. «Secondo noi - insiste Saccucci - insieme all’articolo 3 è stato violato anche l’articolo 8, quello che riconosce il diritto alla famiglia». La domanda è scontata: quella di Cogoleto si poteva considerare una famiglia con tutti i sacri crismi? «Sì - risponde Lana - la giurisprudenza della Corte è costante nell’affermare che per famiglia non si deve intendere solo un’entità biologica, ma anche un nucleo importante di affetti. Maria chiamava i Giusto papà e mamma, trascorreva con loro quasi sei mesi l’anno, si sentiva tutt’uno con loro. La giurisprudenza della Corte è netta sul punto. C’era un legame fortissimo che non doveva essere reciso in modo così brutale». Si potrebbe alzare un’altra obiezione: quel che vale per la Corte non vale per la magistratura italiana. Ma i due legali chiudono subito la possibile via di fuga: «Eh no, la Cassazione ripete ormai da anni che le nostre sentenze devono tener conto di quel che afferma la Corte». In soldoni, l’Italia è dentro un perimetro giuridico più grande: Strasburgo ha giurisdizione sui 46 paesi del Consiglio d’Europa. Un club affollato in cui non troviamo, guarda la combinazione, proprio la Bielorussia, considerata al disotto degli standard minimi in tema di diritti dell’uomo.
Non basta: c’è un ultimo punto che i legali sottolineano: «La Convenzione per i diritti del fanciullo di New York dice che il minore dev’essere sentito. Qui, incredibilmente, i giudici genovesi non hanno ascoltato Maria, perchè tanto si sapeva qual era la sua posizione. Appunto rimanere in Italia. Così la sua volontà non è stata rispettata». Di più: un’altra convenzione del Consiglio d’Europa, ratificata dall’Italia nel 2003 e dunque legge nel nostro Paese, impone la nomina di un tutore che rappresenti il ragazzo in tutti i procedimenti giudiziari in cui sia coinvolto un minore. Questa norma non viene mai applicata ed è stata dimenticata anche questa volta».

Ora Saccucci e Lana presentano il conto. Chiedono un risarcimento per i genitori, ma soprattutto l’obbligo per l’Italia di darsi da fare per monitorare e tutelare il futuro di Maria. La sua salute. La sua dignità. La sua affettività. Anche a Minsk.

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