L'ultima carta di Alessia Pifferi si chiama richiesta di abbreviato “condizionato” alla perizia psichiatrica. Significa che la 37enne, che lasciò morire di stenti la figlia Diana di poco meno di un anno e mezzo l'estate scorsa a Milano, spera di scamparla da quella condanna all'ergastolo che rischia nel processo davanti alla Corte d'Assise.
Com'è noto, da ormai qualche tempo chi risponde di omicidio volontario aggravato non può presentare richiesta di essere giudicato con abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. E i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro hanno deciso di contestare a Pifferi ben tre aggravanti: quella dell'uccisione della figlia, dei motivi futili e abietti e anche della premeditazione. Per questi motivi il gip ha già dichiarato inammissibile la richiesta del difensore di Pifferi, l'avvocato Fausto Teti. Ma si tratta di una strategia difensiva che potrebbe dare i suoi frutti più avanti: qualora la Corte d'Assise dovesse eventualmente rivalutare il reato - da omicidio volontario a maltrattamenti culminati nella morte per esempio, oppure escludere in fase di condanna le aggravanti - si dovrebbe allora applicare lo sconto di pena connesso alla richiesta di abbreviato. E cioè Pifferi si ritroverebbe con una condanna inferiore di un terzo.
È peraltro evidente che la strategia del nuovo difensore di Pifferi (lo ha nominato qualche settimana fa) ruota intorno alla “capacità di intendere e di volere” della donna. E infatti probabilmente già nella prima udienza del processo (prenderà il via il 27 marzo) l'avvocato presenterà richiesta di perizia psichiatrica alla prima sezione della Corte d'Assise, presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini. E anche se, va detto, la donna è da sempre stata descritta “lucida” nelle sue esternazioni durante gli interrogatori davanti ai pubblici ministeri, è possibile che i giudici d'Assise decidano di concedere la perizia proprio per fugare ogni dubbio rispetto alla piena capacità della donna, autrice di un gesto così estremo.
Sul biberon e della bottiglietta d'acqua è invece stata esclusa la presenza di benzodiazepine: Pifferi, secondo quanto stabilito dai periti, non avrebbe dato alla bimba - abbandonata in casa per sei giorni - dei tranquillanti.
Anche se nell'appartamento a Ponte Lambro, periferia di Milano, è stata trovata una boccetta di En (un tranquillante, appunto) e dagli esiti della consulenza medico-legale, disposta dalla Procura, e in particolare dall'esame del capello, erano emerse, invece, tracce di benzodiazepine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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