In presenza dei parenti dell'anziana che accudiva, si mostrava premurosa ed accogliente. Ma quando i familiari se ne andavano, mostrava a quanto pare il suo vero volto, minacciandola e massacrandola di botte. Sevizie che avrebbero contribuito a minare la salute della pensionata, peraltro malata di Alzheimer, deceduta nel 2018 ad 82 anni. E a seguito di quanto emerso, la Corte d'Appello di Firenze l'ha condannata nelle scorse ore a 3 anni e 4 mesi di reclusione. Protagonista della vicenda che arriva dal capoluogo della Toscana è una donna di 49 anni originaria dell'Albania, che all'epoca dei fatti lavorava come badante per la vittima. Sulla base di quanto riportato dalla stampa fiorentina, a far scattare le indagini fu proprio il decesso dell'ottantaduenne, risalente a cinque anni fa: il 9 agosto del 2018 l'anziana venne portata al pronto soccorso locale con traumi alla testa ed ecchimosi in tutto il corpo.
Le venne diagnosticata un'emorragia cerebrale, che la condusse poi alla morte a distanza di qualche giorno (il 13 agosto successivo). La successiva autopsia condotta sul cadavere permise di accertare ben 57 lesioni di natura traumatica. E nel mirino degli inquirenti finì subito la badante, anche a seguito delle testimonianze dei vicini di casa: questi ultimi avrebbero infatti riferito di aver più volte sentito la vittima lamentarsi e piangere, a causa delle offese che le venivano indirizzate e delle percosse subite. "Mi stai facendo male, basta!" la frase che avrebbe più volte pronunciato l'anziana. Al tempo stesso, i dirimpettai avrebbero udito distintamente le minacce rivolte dalla quarantanovenne straniera alla persona che avrebbe dovuto accudire. "Ti ammazzo", le avrebbe detto in più occasioni. Secondo il pubblico ministero, la badante albanese avrebbe messo in più frangenti le mani addosso all'assistita, spingendola talvolta a mangiare con la forza.
E anche l'emorragia rivelatasi poi fatale per la donna sarebbe stata causata dai colpi ricevuti alla testa, che la badante avrebbe assestato utilizzando diversi oggetti contundenti. La quarantanovenne era quindi finita sul banco degli imputati, venendo tuttavia assolta in primo grado con rito abbreviato. Il motivo? Secondo i giudici, il fatto non sussisteva. Un verdetto che la giustizia di secondo grado ha tuttavia rigettato.
Va detto che già allora il pubblico ministero aveva chiesto per lei una condanna a 12 anni di reclusione, per reato di morte in conseguenza di altro reato (ovvero i maltrattamenti). Istanze che sembrerebbero esser state accolte solo in parte. Ma la Corte d'Appello non sembra avere dubbi: la donna è colpevole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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