
Una "manciata di secondi" in cui Giulia Tramontano ha avuto il tempo di capire perfettamente cosa le stava accadendo. Che il suo uomo, Alessandro Impagnatiello, la stava uccidendo, e che insieme a lei sarebbe morta la creatura che portava in grembo. È questa sofferenza indicibile inflitta alla propria vittima a convincere i giudici della Corte d'assise di Milano che per Alessandro Impagnatiello l'unica pena adeguata sia il carcere a vita, il "fine pena mai".
I giudici lo spiegano nella motivazioni depositate oggi della condanna inflitta il 25 novembre scorso al brillante barman milanese, protagonista di uno dei femminicidi più efferati della cromaca recente, il 27 maggio 2023. Undici delle trentasette coltellate hanno raggiunto Giulia mentre era ancora viva e cosciente. Giulia ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo». Una «consapevolezza», questa, che ha «senz’altro provocato nella donna una sofferenza ulteriore».
Insieme alla crudeltà, a Impagnatiello viene addebitata l'aggravante della premeditazione. L'uccisione di Giulia era pianificata da mesi, con mezzi più subdoli come il veleno per topi. Ma la situazione precipita quando crolla il castello di menzogne con cui l'uomo ha tenuto in piedi la sua doppia vita, le due relazioni contemporanee. Entrambe le donne erano determinate a lasciarlo. E questo per Impagnatiello era non solo una ferita sentimentale ma un colpo intollerabile per il suo ego. Era era diventato "lo zimbello di tutti i colleghi" e questa "ferita narcisistica" ha "scosso le sue certezze dalle fondamenta". Si è trattato di una «presa di consapevolezza» che «lo ha avvilito e mortificato», ma che al tempo stesso è stata «compensata» da una «rabbia fredda e da una lucida risolutezza che lo ha portato, poche ore dopo, a riaffermarsi e vendicarsi di quel torto subito».
Già dal dicembre 2022, si legge nelle motivazioni depositate dalla Corte presieduta dal giudice Antonella Bertoja, l'uomo ha "accarezzato l'idea di sbarazzarsi della compagna - che pochi giorni prima gli aveva rivelato di aspettare un bambino da lui ", come dimostrano le ricerche di istruzioni per l'uso del veleno per topi che sono riemerse dal suo computer. Poi l'incontro tra le due donne, il crollo delle bugie, il sarcasmo dei colleghi, fanno precipitare tutto. Giulia e si sono «rivelate reciprocamente tutte le menzogne attraverso le quali egli le aveva controllate, manipolate e tenute in scacco come pedine". Scatta l'omicidio.
E nel comportamento di Impagnatiello durante le indagine e il processo la sentenza trova ulteriori aggravanti, sottolineando come parlando con gli psicologi forensi l'uomo si sia "vantato" della sua capacità di influenzare la povera Giulia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.