I paladini dei diritti arcobaleno hanno colto l'assist al volo. E adesso promettono battaglia nei tribunali. I giudici della VIII sezione civile di Milano hanno infatti annullato la trascrizione dell'atto di nascita del figlio di due padri, che hanno fatto ricorso per ovvie ragioni alla gestazione per altri, ma hanno altresì respinto gli stessi ricorsi riguardanti tre coppie di donne che avevano fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita. Proprio quest'ultima decisione - dettata da ragioni tecnico-procedurali - ha ridato coraggio alle mamme Lgbt dopo il pronunciamento della procura di Padova, che invece aveva chiesto formalmente di rettificare 33 atti di nascita chiesti da coppie di donne e registrati dal 2017 a oggi.
La decisione dei giudici sulle mamme gay
Il differente approccio dei giudici tra il caso dei due padri e quello delle coppie di madri spiega al meglio la ritrovata speranza della comunità Lgbt. Nella prima fattispecie, infatti, il tribunale ha spiegato che la trascrizione era avvenuta "in violazione della normativa vigente che, vietando il ricorso alla maternità surrogata, vieta altresì la trascrizione dell’atto di nascita". Aderendo all'orientamento della Cassazione, le toghe hanno pertanto annullato i documenti dell'anagrafe. Nel caso delle coppie omogenitoriali femminili, invece, il tribunale ha dichiarato "inammissibile" il procedimento di rettificazione degli atti con il quale la procura chiedeva - in tre casi - l'annullamento della trascrizione del riconoscimento del figlio (già riconosciuto dalla madre biologica) da parte della madre intenzionale.
Il motivo del verdetto e la nuova causa civile
Il motivo di quest'ultimo pronunciamento è presto spiegato. I giudici ritengono che, una volta che l'ufficiale dello stato civile abbia accettato l'atto di riconoscimento - "anche se per compiacenza, per errore o in violazione di legge" - lo status di figlio non possa essere rimosso attraverso una procedura di rettificazione. Diversamente, servirebbe un procedimento contenzioso di cognizione (una causa civile che ha altre sedi e garanzie, compresa la nomina di un curatore speciale per la tutela dell’interesse del minore), procedura usata per impugnare un riconoscimento per difetto di veridicità, disconoscimento di paternità o contestazione di stato. Morale della favola: al momento quegli atti di nascita restano trascritti così come sono, in attesa di un eventuale e differente tipo di causa civile sull'argomento (che potrebbe metterci anche un paio d'anni prima di arrivare al pronunciamento finale).
La reazione del mondo arcobaleno
La circostanza è stata accolta con favore dal mondo delle mamme arcobaleno. "Il Tribunale di Milano conferma quello che come giuristi esperti in queste tematiche sostenevamo già da tempo: la genitorialità di un minore, in base ai principi del nostro ordinamento, non si può cancellare con un colpo di spugna come pretende il governo e come pretendono di fare alcune procure, ma serve un'azione di stato che ha modalità e termini molto stringenti", ha affermato Michele Giarratano, avvocato di una delle coppie di madri coinvolte. E ancora: "Sono sicuro che anche il Tribunale di Padova confermerà questa strada e saranno respinti tutti e 33 i ricorsi illegittimamente presentati dalla Procura della città veneta".
Sì, perché l'eco del pronunciamento milanese è destinata a risuonare velocemente sino a Padova, dove stamani le mamme Lgbt e il Pd hanno protestato proprio davanti alla procura.
La materia resta dunque al centro di dibattito di rivendicazioni, ma anche di differenti interpretazioni da parte dei giudici. In passato non sono infatti mancati verdetti in contrasto con quello odierno.
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