Milano - Delle due l`una: o i pubblici ministeri Tiziana Siciliano (nella foto) e Luca Gaglio hanno nervi di ferro, e sanno incassare a ciglio asciutto la botta di una sconfitta inattesa; oppure tanto inattesa la sconfitta non era, e nell`aula bunker del tribunale di Milano sono arrivati ieri mattina già pronti, se non rassegnati, alla sentenza che alle 12,26 - chino sul microfono, la voce a volte spezzata dalla tensione - il giudice Marco Tremolada legge. «Ai sensi dell`articolo 530?»: agli addetti ai lavori basta questo per capire che è una assoluzione. Poi Tremolada va avanti, e più va avanti la portata della bocciatura appare catastrofica. Non viene assolto solo Berlusconi: «il fatto non sussiste» anche per tutti gli imputati, maggiori o minori, protagonisti o comprimari del processo che ha portato il «bunga bunga» sulle prime pagine fin della Nuova Zelanda. Anche imputati come l`ex fidanzato di Ruby, Luca Risso, la cui posizione appariva quasi disperata, escono incolumi dal processo.
Lei, Tiziana Siciliano, mentre i microfoni delle tv piombano a raccogliere l`emozione di Federico Cecconi, legale del Cavaliere, resta per qualche minuto a fare i conti con la dimensione della botta. Poi dice: «In buona fede. Siamo ed eravamo in buona fede, e solo questo abbiamo da offrire al Paese». Di questo non c`è dubbio, e lo sa anche Cecconi che entrando in aula l`aveva abbracciata e baciata. Poi la pm raccoglie le idee e dice: «I testimoni hanno mentito in aula. Non lo diciamo noi. Lo dicono due sentenze passate in giudicato». Il resto, il contorno decisivo che ha portato il tribunale ad assolvere tutti, fa parte, dice «dei ragionamenti giuridici», aspetti tecnici su cui si riserva di leggere le motivazioni: ma che non inficiano, dice, la sostanza delle cose. «I testimoni hanno mentito in aula». E Berlusconi li ha pagati.
Ma la Siciliano è la prima a sapere che questa sconfitta viene da lontano, fin da quando Ilda Boccassini partì all`attacco del caso delle notti di Arcore: e ne nacque una inchiesta di implacabile efficienza investigativa ma giuridicamente sgangherata, in una Procura in cui nessuno aveva il coraggio di mettere la Rossa sull`avviso degli errori grossi come iceberg che attendevano il suo Titanic. Le assoluzioni finali erano non solo prevedibili ma inevitabili. E da lì, dall`assoluzione «perché il fatto non sussiste» (la medesima di ieri) di Berlusconi nasce l`inchiesta Ruby ter, che arriva allo stesso esito. Neanche questo poteva essere diverso, a fronte delle numerose incongruenze inanellate per strada.
La prima era il postulato alla base di tutto, secondo cui i testimoni del primo processo si dividevano in categorie nette: chi ad Arcore aveva detto di averne viste di tutti i colori diceva la verità, chi ricordava solo cene, barzellette e qualche strip mentiva. Una divisione che ha portato a incriminare tutti i testimoni della difesa, anche quelli che magari al momento del presunto bunga bunga erano già andati a casa, come il povero Carlo Rossella che la sentenza di ieri riabilita in pieno. La seconda incongruenza era l`assenza del movente: se in quelle feste non avveniva nulla di illecito, rimane oscuro perché il padrone di casa avrebbe dovuto comprare a caro prezzo il silenzio e le bugie delle invitate. La terza incongruenza era avere mischiato nel calderone dei presunti corrotti ospiti di ogni genere, amici di lunga data del Cavaliere, da lui retribuiti da decenni, ed effimere comparse delle sere.
Ma a monte di tutto c`è sempre la Boccassini: la sua scelta di interrogare e poi di portare in aula una sfilza di ragazze sui vent`anni, a digiuno di diritto, per costringerle a portare mattoni all`accusa di cui loro stesse erano bersaglio, a costo di dipingersi come prostitute. Non si poteva fare. Da lì è iniziata l`ultima sconfitta.
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