I giudici della seconda sezione penale della Corte di Assise di Appello di Palermo hanno confermato la condanna all'ergastolo per il boss di Cosa nostra Nino Madonia, accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio, avvenuto a Carini il 5 agosto 1989. Prima che i magistrati si ritirassero in camera di consiglio, l'imputato ha reso dichiarazioni spontanee: "Non sono stato io a uccidere tuo figlio. Se vengo condannato non è giustizia", ha detto rivolgendosi al papà dell'agente ucciso, Vincenzo Agostino.
L'ergastolo
In aula erano presenti i sostituti pg Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, al loro fianco il capo dell'ufficio, la procuratrice generale Lia Sava. Tra i banchi anche il papà di Nino Agostino e la figlia Flora, seduti accanto all'avvocato di parte civile Fabio Repici. L'imputato era collegato in videoconferenza. Nel corso della requisitoria, l'accusa ha chiesto fosse confermata la sentenza espressa dai giudici di primo grado che, il 19 marzo 2021, condannarono Madonia all'ergastolo nel procedimento con rito abbreviato. Il verdetto è stato confermato dalla Corte d'Assise d'Appello che ha escluso l'aggravante della premeditazione dall'omicidio di Ida Castelluccio.
Gli altri imputati
Sulla vicenda è in corso un altro processo, con rito ordinario, che si svolge dinanzi alla Corte di assise presieduta da Sergio Gulotta ((giudice a latere Monica Sammartino), in cui sono imputati il boss Gaetano Scotto, accusato di duplice omicidio aggravato in concorso e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Questo procedimento avrà tre udienze:il 16 ottobre, il 9 e il 24 novembre.
L'omicidio
Il duplice omicidio risale al 5 agosto 1989. Il poliziotto e la moglie, Ida Castelluccio, incinta di tre mesi, furono uccisi davanti all'abitazione di Agostino, a Villagrazia di Carini. Si trattò di un vero e proprio agguato: due persone in sella a una motocicletta esplosero alcuni colpi d'arma da fuoco all'indirizzo della coppia che nulla poté per schivarli. Nino Agostino fece da scudo col corpo alla consorte nel tentativo di preservarla dai proiettili. La donna si voltò e gridò in faccia agli aggressori: "Io vi conosco!". Un atto di coraggio che segnò la sua condanna a morte: gli assassini la colpirono dritta al cuore.
Il movente
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini, Agostino era un agente in servizio al commissariato San Lorenzo di Palermo che avrebbe fatto parte, inoltre, di un gruppo che collaborava con i Servizi segreti per la cattura dei latitanti mafiosi. Il poliziotto avrebbe compreso le reali finalità della struttura a cui apparteneva (alla quale aveva offerto una pista per arrivare alla cattura di Salvatore Riina a San Giuseppe Jato), decidendo di prenderne le distanze poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita. Come ha sottolineato quest'oggi la procura generale nel corso della requisitoria, il movente del delitto si è rivelato di "peculiare complessità", poiché "ambientato nel torbido terreno di rapporti opachi tra componenti elitarie di Cosa nostra ed alcuni esponenti infedeli delle istituzioni".
La svolta nelle indagini
Nel corso degli anni, la Dia ha indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia. Decisive sono state le dichiarazioni dei pentiti Vito Gelatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato, ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari. Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura di cui la vittima faceva parte nei depistaggi di alcune indagini.
Nel contesto della nuova inchiesta è emersa la figura di Francesco Paolo Rizzuto, soprannominato "Paolotto", che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima ad una battuta di pesca. I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini. La mattina dopo, Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dalla famiglia dell'agente. Secondo gli inquirenti in più occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto.
La battaglia della famiglia Agostino
Per anni Vincenzo Agostino, il padre della vittima, ha denunciato i depistaggi e le connivenze che hanno protetto i responsabili della morte del figlio. Lo stesso ha fatto Augusta Schiera, la madre dell'agente, deceduta all'età di 80 anni il 28 febbraio del 2019.
Sulla sua lapide volle lasciare scritto: "Qui giace Augusta Schiera, mamma dell'agente Nino Agostino, una donna in attesa di verità e giustizia anche dopo la morte". Dopo 34 anni, quest'oggi, è stato compiuto un primo passo importante per la verità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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