Violentò e ammazzò Pamela Mastropietro: confermato l'ergastolo per Oseghale

Il ricorso presentato dai legali di Innocent Oseghale è stato respinto: "Speriamo che questo metta la parola fine a questa vicenda"

Violentò e ammazzò Pamela Mastropietro: confermato l'ergastolo per Oseghale
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La corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Innocent Oseghale, imputato per l'omicidio di Pamela Mastropietro, uccisa nel gennaio del 2018. La difesa chiedeva che venisse rivista l'accusa di violenza sessuale nei suoi confronti e, quindi, di annullare l'ergastolo. Quindi, l'uomo resta in carcere, attualmente a Ferrara, dove deve scontare il "fine pena mai". "Speriamo che questo metta la parola fine a questa vicenda", ha dichiarato il legale della famiglia Mastropietro, Marco Verni. Pamela, originaria di Roma, aveva 18 anni quando venne uccisa, fatta a pezzi e messa in due trolley. I suoi resti vennero ritrovati a Macerata il 30 gennaio 2018.

Nel ricorso presentato dagli avvocati di Oseghale è stato scritto che l’eroina a Pamela venne ceduta non da Innocent Oseghale, ma da un altro pusher di origini nigeriane che però prima di consegnarle la dose pretese un rapporto sessuale dalla ragazza. Una versione che contrasta con quella del procuratore Generale della Cassazione, che nella sua ricostruzione aveva evidenziato come Oseghale, approfittando delle condizioni di Pamela, in quel momento sotto effetto di stupefacenti, la violentò. Pamela ebbe il tempo di riprendersi dalla dose di eroina e capendo quanto stava accadendo avrebbe avuto una reazione. A quel punto sarebbe stata uccisa e fatta a pezzi.

"Questa sentenza rappresenta un passo significativo verso la giustizia per mia figlia Pamela e per tutte le vittime di atrocità come quelle che abbiamo vissuto.È fondamentale che la verità venga riconosciuta e che chi ha compiuto atti così gravi ne risponda. La lotta per la memoria di Pamela continua", ha dichiarato Alessandra Verni, mamma di Pamela "Sono contenta, sollevata. Spero finalmente che Oseghale non esca più dal carcere e non possa fare più male a nessuno", ha proseguito la donna. "Voglio ancora incontrare Oseghale, ho tanto da dirgli, ma questa non deve essere per lui una giustificazione o una strada per avere permessi", ha detto ancora la donna, che da 7 anni si batte per avere giustizia per sua figlia.

"Da parte sua non vedo nessun pentimento. Questo ricorso mentre abbiamo firmato il consenso per l'incontro (in carcere ndr) è stata l'ennesima pugnalata", ha concluso, prima di lasciare il palazzo della Corte di Cassazione.

Diametralmente opposta la posizione dei legali difensori di Oseghale, i quali esprimono "rammarico" per il rigetto, in quanto, dicono "le nostre argomentazioni erano molto valide come dimostra il fatto che il ricorso era stato considerato ammissibile in prima battuta e anche all'esito della decisione che si è conclusa con un rigetto e non con una inammissibilità".

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