Una delle più grandi preoccupazioni di Filippo Turetta non riguarda tanto gli anni che dovrà scontare in carcere con il potenziale ergastolo ma l'esser accettato dei suoi genitori nonostante l'atroce delitto commesso nei confronti di Giulia Cecchettin: ecco perché non ha mai confessato, prima di ieri, la premeditazione dell'omicidio. Nonostante gli investigatori avessero già trovato importanti prove che tutto quanto fosse stato già architettato ad arte, ecco le parole che non lasciano più scampo alle ipotesi: "Avevo pensato di rapire e uccidere Giulia".
La premeditazione sul telefonino
Un pensiero, quindi, non più un momento di raptus e follia ma tutto quanto disegnato nei minimi particolari che le indagini hanno fatto emergere: sul proprio telefonino aveva scritto un macabro elenco con tutte le cose che gli servivano per commettere l'omicidio: dalla cartina geografica allo scotch, dai coltelli ai sacchi dell'immondizia fino al coltello e addirittua al "calzino umido in bocca" così da non farla parlare. Tutto questo, fino a poche ore fa, non l'aveva mai confessato per un motivo molto semplice: i suoi genitori. In aula racconta che non sapeva se l'avessero mai voluto rivedere "dopo quello che avevo fatto e questo ovviamente mi pesava e mi metteva molto in ansia" ma soprattutto l'ansia derivava dal fatto che "ci potesse essere una sorta di premeditazione".
Il timore sulla famiglia
Il conforto che lo ha fatto andare avanti finora, se così possiamo chiamarlo, è stato quello di far credere a tutti che non avesse mai pensato di uccidere Giulia. "Mio padre e mia madre dicevano che tutto era successo perché in quei momenti all’improvviso non mi ero controllato e avevo avuto dei momenti di follia. Erano molto sofferenti e questo (della premeditazione, ndr) sembrava il limite che non sarebbero riusciti a superare per comportarsi allo stesso modo con me". Ebbene, la stessa accettazione l'ha ricevuta in questi mesi in carcere: credeva che i detenuti si sarebbero comportati male e invece no. "Con mia grandissima sorpresa ed incredulità tutte queste persone avevano tenuto un atteggiamento 'neutrale' o addirittura di comprensione", racconta. Tutto nasce, quindi, dall'aver sempre nascosto la mente criminale che aveva pianificato tutto e che, se raccontata subito, avrebbe fatto la differenza in negativo con conseguenze che Turetta non sarebbe riuscito a sopportare. "Ammetto di non aver detto tutta la verità nell’interrogatorio, mi dispiace, non volevo prendere in giro nessuno", sottolinea.
Le ricerche online
Questa confessione può modificare il prosieguo del processo con tutte le aggravanti del caso e l'ergastolo possibile ma Turetta, già da prima, sembrava più preoccupato di ciò che potesse pensare la gente, le reazioni. Le indagini hanno fatto emergere cosa aveva cercato su Internet poche ore prima che fosse trovato e bloccato in Germania. "Cosa faresti se tuo figlio ti confessasse un omicidio?", è una delle domande che aveva scritto sui motori di ricerca a sottolineare la preoccupazione per l'opinione dei suoi genitori ma anche a quello che gli sarebbe potuto capitare in carcere con altre due ricerche significative: "Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e la vittima al gup: io picchiato per 20 giorni" e poi un'altra notizia sull'argomento "Accusato di femminicidio, suicida in carcere".
Le forze dell'ordine hanno spiegato che in base alla sua
cronologia in Rete, Turetta fosse a conoscenza di tutte le varie tappe delle indagini: poco prima del suo arresto ha cercato il numero della polizia italiana all'estero e un tentativo di chiamare per ben tre volte il 118.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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