Da quanto emerge dalle indagini, Giuseppe Conte e Roberto Speranza "cagionarono per colpa" la morte di un alcune decine di persone "in cooperazione colposa" e assieme ad altri indagati. Si legge così nell'atto di chiusura delle indagini della procura di Bergamo, nel quale sono anche indicati i nomi di decine di persone purtroppo decedute. I reati si riferiscono al periodo tra il 26 febbraio e il 5 maggio del 2020. Sempre nell'atto, si legge che Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e altri, tra cui componenti del Cts e dirigenti ministeriali avevano "a disposizione", almeno dal 28 febbraio 2020, "tutti i dati" per "tempestivamente estendere" la zona rossa anche alla Val Seriana. Erano contenuti nel "Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler". Documento che "già prospettava" lo "scenario più catastrofico per l'impatto sul sistema sanitario".
La mancata zona rossa
Nell'avviso si fa poi riferimento alla mancata zona rossa in Val Seriana. Non averla istituita, "nonostante l'ulteriore incremento del contagio in Regione Lombardia registrato" il 29 febbraio e il 1 marzo 2020 e nonostante "l'avvenuto accertamento delle condizioni che, secondo il cosiddetto 'piano Covid', corrispondevano allo scenario più catastrofico", ha causato "la diffusione dell'epidemia da Sars-Cov-19 in Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro". La procura bergamasca a questo punto stima "un incremento non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero dei decessi in meno che si sarebbero verificati in provincia di Bergamo, di cui 55 nel comune di Alzano e 108 nel comune di Nembro, rispetto all'eccesso di mortalità registrato in quel periodo, ove fosse stata estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020".
"Brusaferro propose di non attuare il piano pandemico"
I pm bergamaschi lanciano un atto di accusa anche contro il direttore dell'Iss Silvio Brusaferro, che nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall'Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto "di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l'adozione tempestiva delle misure in esso previste". Nell'avviso si legge già dal 28 febbraio 2020 il primo Comitato tecnico scientifico era a conoscenza dello "scenario più catastrofico per l'impatto sul sistema sanitario e sull'occupazione delle terapie intensive" in Lombardia dovuto alla diffusione del Coronavirus. E ciononostante - contestano i pm - i componenti, tra cui Silvio Brusaferro, Franco Locatelli e Agostino Miozzo, non proposero "l'estensione delle misure previste per la c.d. "zona rossa" ai comuni della Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro". In serata è arrivata una nota di commento dell'Iss che sottolinea: "Non è nei poteri del Presidente dell'Istituto adottare piani pandemici o dar seguito alla loro esecuzione". E anche: "La linea seguita dall'Istituto, su indicazione del suo Presidente, durante tutto il periodo della pandemia e sin dagli inizi, è stata improntata alla massima precauzione e al massimo rigore scientifico".
La Procura: "Insufficiente valutazione del rischio pandemico"
Dopo la notifica della chiusura delle indagini per l'inchiesta sulla pandemia Covid, il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, è intervenuto ai microfoni di Radio24. "Di fronte a queste criticità, a queste, secondo noi, insufficienze nelle valutazioni del rischio pandemico, perché stiamo parlando della prima fase della pandemia, del gennaio, febbraio e marzo del 2020, e di fronte alle migliaia di morti e a consulenze che ci dicono che questi potevano essere anche eventualmente evitati, noi non potevamo chiudere con un'archiviazione dell'inchiesta", ha affermato il procuratore.
"Inchiesta complessa"
Ma Chiappani è tornato anche sulla zona rossa della bergamasca, spiegando che col "decreto del 23 febbraio 2020 era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c'era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c'era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo". E qui spiega: "Dal punto di vista giuridico è così, mentre dal punto del fatto è la consapevolezza che poteva avere un sindaco che si era in una situazione di emergenza. Quindi si rimanda al problema della ricostruzione dei dati che erano in possesso di un sindaco o un presidente di regione o un ministro. Questo era il problema della nostra indagine, capire il grado di conoscenza al fine di poter fare un intervento d’urgenza".
Chiappani ha ribadito che si è trattato di una
"inchiesta complessa", di "ricostruzione di vite spezzate", chiarendo che si dovranno "dimostrare anche i nessi di causalità tra le morti e gli ipotizzati errori o mancanze".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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