Gabriele Vagnato è un giovane youtuber piuttosto noto. Conta quasi un milione di iscritti sul suo canale, dove porta avanti la fortunata serie «Lavorare 24 ore con...». L'ultimo video con Giuseppe Cruciani ha raccolto 700mila visualizzazioni in una decina di giorni. C'è da dirlo: è bravo e coinvolgente. Così bravo che anche Fiorello l'ha voluto come inviato di Viva Rai2!.
L'altro ieri però Vagnato (nella foto) è stato condannato a un anno di carcere per diffamazione nei confronti di un artigiano milanese. Tutto nasce da una video-inchiesta pubblicata un anno fa. Lo youtuber aveva lasciato una bicicletta incustodita con un gps installato sotto il sellino, per vedere in quanto tempo qualcuno l'avrebbe rubata. Appena sparita, Vagnato ha cercato di rintracciare il ladro: in un momento successivo, pensando fosse colui che l'aveva portata via, ha messo sul web un video dell'uomo «sbagliato», un 56enne che aveva incrociato in un bar vicino. Da qui la querela e la successiva condanna, nonostante (si vede chiaramente durante il filmato) Vagnato avesse chiesto anche la consulenza di un legale prima di «agire». Sottovalutazione della situazione? Ignoranza della legge? Chissà.
Altra storia, identica sorte. Un paio di settimane fa, negli Stati Uniti l'ex atleta olimpico di snowboard Trevor Daniel Jacob è stato condannato a sei mesi per aver deliberatamente fatto schiantare nella foresta di Los Padres in California un piccolo aereo per uno dei suoi video social. Per tacere del dramma di Casalpalocco, dove uno youtuber ha chiesto di patteggiare 4 anni per omicidio stradale.
Purtroppo la rete è piena di questi
video: sfide che spostano l'asticella sempre più in alto. Sfide che nei casi peggiori diventano tragedie. Sfide che viaggiano un metro sopra la legge. Per un clic in più ci si sente intoccabili. E la legalità può attendere.
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