Lavorava per mandare soldi a sua madre in Marocco, Mohamed Mouna, morto ammazzato a 26 anni di fronte a un distributore di benzina. Aveva lavorato come bracciante prima a Cerignola, in Puglia. Poi era andato in Sicilia, a Paternò, 44 mila abitanti alle pendici dell'Etna. La mattina si spaccava la schiena in campagna a raccogliere le arance, la sera tornava a riposare in una tenda non molto distante. Vicino alla sua ce ne erano altre: qui riposano i lavoratori che nessuno vede, gli invisibili, storie simili di immigrazione e sfruttamento. Per quel lavoro i caporali non lo avevano pagato. E quando Mohamed ha provato ad avere ciò che gli spettava, gli hanno risposto togliendogli la vita. "Dopo avere preso i soldi dei terreni dove si raccolgono le arance per pagare gli operai, non pagano nessuno", aveva raccontato a un vicino di tenda, sentito dai carabinieri del Nor della compagnia di Paternò. "Mohamed ultimamente era arrabbiato per questa situazione, perché non lo pagavano e questa mattina voleva uscire presto per parlare con loro. Io ho lavorato per loro, ma da tre giorni non lavoro più perché a me non pagavano".
L'arresto a Milano
Il presunto autore dell'omicidio, Issam Lahmidi, 36 anni, aveva attraversato in treno l'Italia in 48 ore. Voleva lasciare il Paese e andare la Francia, ma è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo informativo di Milano che hanno poi avvisato la pm di turno Maria Letizia Mocciaro. L'accusa è omicidio volontario.
L'omicidio
Da quanto è stato ricostruito, erano le 13 circa di domenica 4 febbraio, quando il killer - ripreso dalle videocamere di sorveglianza del distributore di benzina dove è avvenuto l'omicidio, in via Giovanni Verga a Paternò - scende da un motorino che gli era stato prestato e incontra Mouna. I due iniziano a litigare, probabilmente per via dei soldi non pagati per il lavoro per la raccolta delle arance. E infine l'uomo che era a bordo del motociclo, cioè Lahmidi secondo l'accusa, inizia a sferrare dei fendenti. La vittima si allontana a piedi, percorre cinquanta metri e poi cade a terra senza vita, mentre il suo assassino si allontana.
"Lavorava per mandare i soldi a sua mamma"
"Era una brava persona, un buono - racconta il testimone - la sera parlavamo spesso, pensava alla famiglia che è in Marocco, lavorava per mandare i soldi a mamma sua".
Era un ragazzo, Mohamed, sua madre si preoccupava per lui. "Quando lasciava il telefono nella sua tenda mi diceva di rispondere a sua madre, altrimenti lei si preoccupava. Siccome si bloccava il telefono, mi lasciava anche il suo codice".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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