La valanga era "imprevedibile" e dunque non è possibile condannare gli imputati per disastro colposo, omicidio colposo plurimo e una serie di altri reati. In 274 pagine di motivazioni il gup di Pescara Gianluca Sarandrea spiega perché 25 su 30 imputati sono stati assolti nel processo abbreviato sulla tragedia di Rigopiano, l'hotel crollato il 18 gennaio 2017 con 29 morti. Il giudice innanzitutto mette in luce l'eccezionalità dell'evento nel valutare le responsabilità e il ruolo di alcuni dirigenti della Regione Abruzzo, nonché di quello dell'ex prefetto Francesco Provolo, per il quale era stata chiesta la condanna a 12 anni.
“Nel caso in esame – si legge nelle motivazioni del gup - alcun dubbio sussiste in ordine al fatto che il crollo dell hotel Rigopiano possa rientrare a pieno nei presupposti sopra descritti con riguardo alle specifiche caratteristiche del disastro: tale evidente valutazione si fonda sui drammatici effetti che lo stesso ha determinato essendo oltremodo evidente la dimensione dell evento e gli effetti che lo stesso ha avuto su una cerchia estesa di persone”.
Il gup in particolare non condivide l'impostazione accusatoria che vede la “violazione di norme cautelari la cui funzione era quella di evitare o comunque ridurre nell area possibili effetti conseguenti ad un evento valanghivo”. E infatti scrive: “Ritiene il giudice di non poter pervenire ad un affermazione di responsabilità degli imputati in ordine ai reati descritti” in cui “viene in rilievo la condotta tenuta dai responsabili dell'Ente Regione in ordine alla mancata predisposizione della piattaforma normativa che avrebbe dovuto costituire il presupposto per impedire la costruzione ed i successivi lavori di ampliamento dell Hotel 90 Rigopiano che a loro volta costituiscono antecedenti causalmente ricollegabili al decesso ed alle lesioni delle persone presenti nella struttura al momento dell impatto dellavalanga”.
Ed ecco che si legge, nero su bianco: “Non si ritiene infatti che in capo ad alcuno degli imputati dirigenti e direttori della Regione potesse ravvisarsi uno specifico obbligo di protezione che come già detto costituisce il presupposto necessario per fondare la sussistenza di un delitto omissivo e dunque per il riconoscimento della penale responsabilità”.
Uno dei legali di parte civile, l'avvocato Romolo Reboa, ha commentato: “Il gup ha ritenuto che, creando un’equivalenza tra colpa e posizione di garanzia, si avrebbe un principio di presunzione della colpa, esistente nel diritto civile, ma estraneo al diritto penale. Sottolineo tale passaggio della sentenza in quanto, a mio avviso, la stessa lascia emergere degli elevati profili di responsabilità civile della Regione Abruzzo, che ha omesso di redigere la carta delle valanghe prima della sua approvazione da parte della giunta Marsilio. Quantomeno ad una prima lettura mi lascia viceversa perplesso il ragionamento seguito dal magistrato con riferimento alle responsabilità del sistema di protezione civile, considerato che il metodo Augusto imponeva ai vertici l’esecuzione di azioni anche in presenza dell’incapacità del territorio di farvi fronte. Probabilmente un più approfondito esame della decisione consentirà di identificare ulteriori elementi utili per la redazione di un appello nell’interesse degli assistiti da parte degli avvocati del Reboa Law Firm: ciò che è certo che, da parte dei difensori, i familiari delle vittime non saranno lasciati soli”.
Erano 30 gli imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
Le condanne riguardano il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno), il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi di reclusione, ma l'accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi), accusati tutti e tre di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose; il gestore dell'albergo e amministratore e legale responsabile della società "Gran Sasso Resort & SPA", Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell'hotel, Giuseppe Gatto (sei mesi di reclusione ciascuno), accusati di falso. Tra gli assolti l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (per il quale era stata chiesta la condanna a 12 anni) e l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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