
Adesso anche la Procura di Milano ammette che quella commessa da Daniela Santanchè ai danni dell'Inps forse non fu una truffa. A dirlo sono le carte dell'udienza preliminare che è ripresa ieri a carico del ministro del Turismo e del suo compagno Dimitri Kunz: una udienza agitata dai sospetti che i legali dell'imputata stessero mettendo in atto una tattica dilatoria puntando alla prescrizione del reato. A lanciare l'ipotesi era stata la stessa Procura davanti al giudice Tiziana Gueli, chiedendo che venisse respinta la richiesta di rinvio avanzata dal nuovo difensore della Santanchè, Salvatore Pino, per poter studiare le carte. L'insistenza della Procura per opporsi al rinvio era apparsa inspiegabile, visto che il reato contestato al ministro - truffa aggravata per l'erogazione di sovvenzioni pubbliche - si prescrive in otto anni e nove mesi nella migliore delle ipotesi (secondo autorevoli interpretazioni addirittura in dieci anni e mezzo). E allora perché tanta fretta? Lo si capisce nel verbale di udienza, dove si legge che il pm Maria Gravina si era opposta al rinvio segnalando "il pericolo della prescrizione nel caso di riqualificazione del fatto "nel meno grave reato" di indebita percezione di erogazioni pubbliche.
Tra i due reati c'è un abisso da tutti i punti di vista: della pena, della prescrizione, forse anche del disdoro pubblico. Il reato finora contestato a Santanchè e Kunz è quello previsto dall'articolo 640 bis del codice penale, e la condanna può arrivare fino a sette anni di carcere; quello che, secondo la stessa Procura, potrebbe invece venire individuato dai giudici è previsto dall'articolo 316 ter del codice, ha una pena minima di sei mesi e massima di tre anni. Che la vicenda dei contributi erogati durante la cassa integrazione per il Covid a una delle testate del gruppo Visibilia potesse venire ricondotta a questo reato era probabilmente una delle tesi che i difensori del ministro si preparano a discutere nelle prossime udienze. Ma che ora sia la stessa Procura a ipotizzare un cosiddetto ridimensionamento da parte del giudice è segno che neanche l'accusa ha fiducia illimitata nelle prove raccolte a carico degli imputati.
Se i timori della Procura risultassero fondati, potrebbe essere la stessa giudice Gueli (che è stata trasferita ma resterà titolare del fascicolo fino alla decisione finale) a dire ai pm di ridimensionare le accuse, o comunque potrebbe farlo il giudice nel corso del processo.
E la Santanchè potrebbe a quel punto sostenere che il nuovo reato, come quello di falso in bilancio che gli viene contestato nell'altro processo, è una vicenda minore, legata alla contabilità aziendale, che non incide sulla sua possibilità di restare al suo posto nel governo Meloni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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