Si gettò sotto un treno. Il marito accusato d'istigazione

La donna, 32enne moldava, è morta nel 2021 dopo essersi lanciata sotto un treno. Il marito, accusato di istigazione al suicidio, rischia fino a 24 anni di carcere. Da chiarire l'ipotesi dei maltrattamenti subiti dalla vittima

Si gettò sotto un treno. Il marito accusato d'istigazione

Rischia fino a 24 anni di carcere il marito della 32enne moldava che, il 27 giugno del 2021, si era gettata sotto un treno alla stazione ferroviaria di Mestre. Stando a quanto scrive il giornalista Alberto Zorzi sul Corriere.it, le indagini sul suicidio avrebbero fatto emergere uno scenario ben più drammatico e complesso rispetto all'ipotesi di un gesto volontario avulso da altre circostanze. E ora l'uomo, anche lui di nazionalità moldava, finirà a processo davanti alla Corte di Cassazione con l'accusa d'istigazione. Secondo il pm Giorgio Gava, che ha firmato il capo d'imputazione, la donna "è precipitata in uno stato di profonda depressione" per via dei presunti maltrattamenti che avrebbe subito dal marito.

Le accuse nei confronti del marito

Tutto ruota attorno all'ipotesi di una relazione burrascosa tra la 32enne e il marito. Come detto, il pubblico ministero del tribunale di Venezia non esclude una correlazione tra il suicidio della donna e le presunte violenze domestiche. Diversa è, invece, la versione dell'avvocato Leonardo De Luca, legale dell'imputato, che intende dimostrare l'infodatezza dell'accusa ritenendo che non vi siano mai stati maltrattamenti in famiglia. Al tempo delle prime indagini, la polizia giudiziaria aveva sentito le sorelle delle vittima, le quali avevano raccontato di radicate ostilità coniugali.

La videochiamata alla figlia

Secondo l'accusa le violenze perpetravano da anni, ancora prima che la coppia giungesse in Italia dalla Moldavia. Nell'atto di imputazione il pm sottolinea che la 32enne "riceveva pugni e calci anche al volto con frequenza quasi quotidiana" dal lontano 2010, quando lei e il marito vivevano nel Paese d'origine. C'è di più: prima di togliersi la vita, la donna avrebbe fatto una videochiamata alla figlia in cui preannunciava l'intenzione di farla finita. E poi c'è una lettera d'addio scritta dalla vittima e rinvenuta in casa della stessa in cui, però, mancano riferimenti a eventuali maltrattamenti.

La difesa

In fase di dibattimento è molto probabile che l'avvocato De Luca punterà a dimostrare l'estraneità ai fatti del suo assitito ritenendo che la testimonianza della figlia sia di terzo grado. In buona sostanza, la ragazza non aveva raccontato l'episodio della videochiamata direttamente agli inquirenti ma alla zia. E poi c'è la questione della lettera: secondo il legale non rappresenta un elemento di prova ma, al contrario, confuterebbe l'ipotesi delle violenze domestiche. Da ultimo, la 32enne non avrebbe mai denunciato episodi di maltrattamenti domestici né ci sarebbero referti medici che comproverebbero eventuali violenze. Fatto sta che ora l'uomo rischia 24 anni di carcere.

Come ben ricorda il giornalista del Corriere, Il terzo comma dell’articolo 572 del codice penale, che disciplina i maltrattamenti in famiglia, prevede "un aggravamento della pena se da questi fatti derivino lesioni o la morte della persona".

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