Ha l'amaro sapore della beffa la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello de L'Aquila in uno dei tanti processi in corso per il terremoto che il 2009 spazzò via completamente la città. I giudici hanno stabilito che la responsabilità per la morte occorsa a 7 studenti universitari, che non sono riusciti a scappare dal palazzo in cui vivevano quando questo ha iniziato a cederea seguito delle scosse, è da imputare esclusivamente a loro stessi. Secondo i giudici, infatti, i giovani avrebbero assunto una "condotta incauta".
I ragazzi vivevano in un palazzo di via Giovanni D'Annunzio, centro storico de L'Aquila, che la scossa ha spazzato via in pochi secondi. In quel crollo ci furono un totale di 13 vittime. In sede penale, l'ingegnere unico imputato dei lavori di restauro del 2002 era stato assolto in via definitiva dalla Corte d'Appello di Perugia. Il processo civile ha ruotato quasi interamente attorno alla figura di Nicola Bianchi, studente di Frosinone, ed è ancora in corso. La sentenza della Corte d'Appello ha confermato quella del primo grado, quando il giudice, Monica Croci, aveva riconosciuto il 100% di colpa alla vittima.
Contro questo verdetto, la sua famiglia ha deciso di proporre un ricorso che nelle scorse ore ha ricevuto, però, la medesima sentenza da parte della Corte d'Appello, che ha respinto l'istanza della famiglia di Bianchi e quella delle famiglie di altre 6 vittime. Secondo l'interpretazione data dai giudici, infatti, gli studenti universitari non sarebbero morti perchè rassicurati e dunque indotti a rimanere nei loro alloggi dalla Protezione civile attraverso la Commissione Grandi Rischi, ma per una sorta di loro condotta incauta. Quella notte, è stato spiegato in aula Bianchi uscì di casa e rimase in strada. In questo modo, lo studente sarebbe andato "in contrasto" col fatto che si era sentito rassicurato dalle parole del vicecapo della Grandi Rischi De Bernadinis, che quella notte sostituiva Guido Bertolaso.
Nella sentenza viene stabilito non sono che non è dovuto alcun risarcimento ma che le famiglie sono ora chiamate a pagare le spese legali, che ammontano a circa 14mila euro.
"Come si può demandare la sicurezza ad un ragazzo di 22 anni?", ha esclamato il padre di Nicola, Sergio Bianchi, con comprensibile rabbia dopo il verdetto. Gli altri giovani le cui famiglie hanno proposto ricorso sono Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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