Nuova ondata di brutali esecuzioni in Iran. La ong Iran Human Rights, con sede in Norvegia, ha oggi denunciato l'impiccagione di 7 persone, tra cui due donne, in due diversi casi. Nel primo, sei persone sono state condannate alla pena capitale per vari reati legati alla droga. Secondo le informazioni fornite dalla Ong sul suo sito, le condanne a morte sono state eseguite nella prigione di Urmia nelle prime ore di oggi.
IHR aveva precedentemente annunciato il trasferimento in isolamento di tre prigionieri, tra cui Parvin Mousavi, la donna uccisa, e aveva avvertito del pericolo che la loro sentenza fosse eseguita. Mousavi, 53 anni, madre di due bambini e malata di cancro, era nella prigione di Urmia da quattro anni. Era stata fermata con un ingente quantitativo di morfina (le notizie parlano di 5kg) credendo fosse a scopo medico. Un inganno probabilmente, che aveva fatto di lei un "corriere della droga" a sua insaputa. Nonostante le sue condizioni familiari e di indigenza ha ricevuto la condanna a morte. Giovedì è stata trascinata nuovamente in isolamento, nonostante le promesse di scarcerazione pubbliche ricevute. Nel frattempo, i principali responsabili del suo caso sono stati tutti scarcerati.
#Iran: Parvin Mousavi, Ramin Lavandi, Mansour Naseri, Yousef Saeedi Chehreh, Parviz Mirghasemi and a man only identified as Mr Jabali were executed for drug-related charges in Urmia Central Prison in the very early hours of this morning.
— Iran Human Rights (IHRNGO) (@IHRights) May 18, 2024
Parvin is the 6th woman to be executed… https://t.co/uV1KmouDe8 pic.twitter.com/Ytx4QHPP27
In un secondo caso sarebbe stata uccisa Fatemeh Abdollahi, 27 anni, condannata con l'accusa di omicidio volontario. La donna era stata arrestata tre anni fa per l'omicidio di suo marito. In Iran coloro che sono accusati genericamente di "omicidio intenzionale" sono condannata alla qisas (retribuzione in natura) indipendentemente dall'intento o dalle circostanze, a causa della mancanza di precise classificazioni all'interno del diritto penale iraniano. Una volta che l'imputato è stato condannato, la famiglia della vittima ha la facoltà di scegliere tra la morte come punizione (la diya, "il prezzo del sangue") o il perdono. Nel caso di Abdollahi, avendo sposato suo cugino, la parte ricorrente (lo zio della donna) aveva deciso di rinunciare alla condanna a morte. Non è quindi dato sapere perché la condanna è stata eseguita comunque. Nel silenzio dei media nazionali che non riportano affatto la notizia.
Una mattanza di donne che perdura da anni. Iran Human Rights sul proprio sito sottolinea come l'Iran sia il più "grande carnefice" di donne al mondo, avendone giustiziate almeno 22 su 282 condanne a morte eseguite (tra cui due minorenni) con accusa di omicidio. Il secondo record più alto dal 2010. Quest'anno, invece, si tratta della decima donna la cui condanna a morte è stata eseguita. Dal 2010 in Iran è stata identificata e registrata l'esecuzione di 219 donne.
Di tutte le condanne che vengono eseguite solo il 20% viene annunciato da fonti ufficiali. Unica buona notizia: nel 2023 in 857 casi simili a questo, le famiglie delle vittime hanno scelto il perdono invece della condanna a morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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