Quindici anni prima dell’attentato alle Torri Gemelle un altro attacco ha scosso il mondo intero, rappresentando il punto di partenza di nuova era per il terrorismo globale. Il dirottamento del volo Pan Am 73 a Karachi, in Pakistan, del 5 settembre del 1986 è una storia di terrore e tragedia, di coraggio e di sopravvivenza. Ma anche una vicenda ricca di zone d’ombra, a partire dal destino di alcuni terroristi – tutti cittadini palestinesi – e dal reale apporto delle autorità pachistane. Sulla vicenda è stato realizzato il documentario Sky Original “Flight 73”, disponibile su Sky Documentaries e in streaming su NOW.
Il dirottamento del volo Pan Am 73
5 settembre 1986. Il volo Pan Am 73 è un volo di linea della Pan Am – tra le compagnie migliori al mondo – partito da Bombay e diretto a New York con fermate programmate a Karachi e Francoforte. Operato con un Boeing 747-100, il volo atterra a Karachi alle ore 4.30 per imbarcare persone e proseguire il viaggio. A bordo ci sono ci sono 379 persone, compresi 19 membri dell’equipaggio. Attorno alle ore 5.44, con l’aereo ancora fermo sulla pista, un gruppo di dirottatori entra in azione: due di loro, vestiti con le uniformi azzurre delle forze di sicurezza aeroportuali pakistane, si avvicinano all’aereo a bordo di un furgone e iniziano a sparare colpi in aria. Insieme a loro, altri due vestiti in borghese ma muniti di armi, compresa una valigia piena di granate.
“Mani in alto, questo è un dirottamento!”, è la minaccia rivolta ai passeggeri e all’equipaggio di volo. Un’assistente riesce a comunicare alla cabina la situazione e i piloti, tramite l’altoparlante, chiedono a tutti di mantenere la calma. Come previsto dalle disposizioni di sicurezza, comandante e primo ufficiale escono dall’aereo attraverso il portello di emergenza sopraelevato, non prima di aver reso inutilizzabile l’aereo e dunque aver immobilizzato il velivolo. I dirottatori chiedono dunque di prendere possesso della cabina di pilotaggio, ma dopo aver spaccato la porta fanno l’amara scoperta. Visibilmente scioccati, chiedono a un’assistente di volo di pilotarlo, ma nessuno è in grado di poter fare qualcosa.
Armati di fucili d’assalto, pistole, granate e cinture esplosive al plastico, i terroristi raggruppano i passeggeri al centro dell’aereo. I quattro verranno identificati come Zayd Hassan Abd al-Latif Safarini (Safarini, alias "Mustafa"), Jamal Saeed Abdul Rahim (alias "Fahad"), Muhammad Abdullah Khalil Hussain ar-Rahayyal ("Khalil") e Muhammad Ahmed Al-Munawar (alias "Mansoor"). Insieme a loro, un complice “esterno”, Wadoud Muhammad Hafiz al-Turki ("Hafiz"). Tutti palestinesi, tutti in lotta per la causa.
L’esecuzione
Attorno alle ore 10.00, il leader dei terroristi – Safarini – prende in ostaggio Rajesh Kumar, indiano di 29 anni nato in Kenya ma residente in California. Lo fa inginocchiare davanti alla porta anteriore dell’aereo, per poi rivolgersi alle autorità presenti all’esterno per chiedere di negoziare. In attesa dei rappresentanti del governo, parla con particolare con Viraf Daroga, il capo delle operazioni della Pan Am in Pakistan, e gli chiede di fare tornare i piloti a bordo entro trenta minuti. In caso di contrario, ucciderà Kumar.
Viraf Daroga chiede tempo per parlare con il governo e il palestinese dà l’ok. Ma dopo pochi secondi avviene un ripensamento: Safarini spara un colpo in testa a Kumar davanti agli assistenti di volo ma soprattutto davanti alle autorità. Il suo corpo viene poi trascinato fuori dalla porta e lasciato sulla rampa sottostante. Nonostante i soccorsi immediati, Kumar morirà durante il trasferimento verso l’ospedale di Karachi.
Clima rovente
L’esecuzione di Rajesh Kumar, reo di avere cittadinanza statunitense, terrorizza gli altri passeggeri. I terroristi decidono di requisire i passaporti agli ostaggi e, visto il pregresso, le assistenti di volo riescono a nascondere quelli americani per evitare altri passeggeri giustiziati. I palestinesi vogliono i piloti a bordo dell’aereo per andare a Cipro e chiedere la liberazione di alcuni connazionali imprigionati a Larnaca. Le autorità riescono a prendere tempo, ma Safarini e compagni sono netti: vogliono decollare prima del tramonto, altrimenti ci saranno altre morti. Pur di ottenere un team di piloti, si dicono pronti a rilasciare alcuni ostaggi.
Il clima è rovente, i passeggeri sono terrorizzati e il nervosismo tra i terroristi è sempre più palpabile. I palestinesi prelevano il cittadino britannico Michael John Thexton e Safarini gli spiega di non amare tutta quella violenza, puntando il dito contro gli americani e gli israeliani che hanno preso il controllo del suo Paese. Dopo una breve chiacchierata – e tanta paura per il britannico – gli ordina di tornare insieme agli altri passeggeri. Thexton racconterà di aver evitato la morte per la sua storia personale: lui era a bordo del volo Pan Am 73 dopo aver visitato il luogo dove era morto il fratello e aveva raccontato a Safarini di non voler lasciare sola la madre.
La violenza
Lo stallo continua fino a tarda notte. Poco dopo le ore 21.00, il generatore si spegne e dopo pochi minuti si spengono tutte le luci, comprese quelle di emergenza. In prenda al panico, uno dei dirottatori inizia a sparare all’impazzata contro i passeggeri inermi. Uno dei palestinesi lancia una granata tra gli ostaggi. Tra il sangue e le urla di dolore, un’assistente di volo riesce ad aprire una porta dell’aereo e permette ai passeggeri di fuggire via. Commovente il sacrificio della hostess Neerja Bhanot, trucidata nel tentativo di salvare due bambini ostaggi del volo Pan Am 73. Due dei terroristi provano a fuggire, ma vengono fermati e picchiati dai passeggeri prima di finire in manette. Il bilancio è drammatico: 20 passeggeri uccisi - di cui 12 indiani, 3 pakistani, 3 statunitensi e 2 messicani - e 120 feriti, tra cui alcuni dei 50 italiani a bordo del Boeing.
Il processo e le condanne
Il 6 luglio del 1998 i cinque terroristi palestinesi vengono giudicati colpevoli e condannati a morte ma in un secondo momento le sentenze vengono commutate in ergastolo.
Safarini viene rilasciato nel 2001 ma subito catturato dall’FBI ed estradato per scontare la pena detentiva (160 anni) negli Stati Uniti. Gli altri palestinesi vengono scarcerati nel 2008, all’insaputa delle autorità americane, e del loro destino non si sa nulla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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