La nebbia fitta, lo scambio mai avvenuto, lo schianto contro il treno merci

Il treno passeggeri proveniente da Bologna Centrale e diretto a Ferrara si è scontrato con un merci che era stato in sosta 15 minuti. Lo scambista ferroviario verrà condannato penalmente

La nebbia fitta, lo scambio mai avvenuto, lo schianto contro il treno merci

Coronella è una piccola frazione del Comune di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara. È il 22 dicembre 1985, c’è una nebbia fittissima e una visibilità ridotta di circa otto metri. Mancano una manciata di minuti alla mezzanotte, quando questa piccola località viene scossa da un incidente ferroviario lungo la linea Bologna-Padova-Venezia: il treno passeggeri locale 4940, con una trentina di passeggeri a bordo, al quale era stato appena dato il via per partire, si schianta contro un merci che trasporta materiali vari. Il primo, partito dalla stazione di Bologna Centrale alle 22:51, è diretto verso Ferrara, il secondo viaggia in direzione Bologna. La strage è inevitabile: 10 persone perdono la vita, mentre 11 restano ferite. Il convoglio con a bordo i viaggiatori pendolari è composto da tre elettromotrici giunte, fino ad allora, senza problemi a Poggio Renatico. È a causa delle brutte condizioni atmosferiche che il macchinista del treno viaggiatori accoglie il segnale di via dato dal personale di terra e lascia partire il suo mezzo a 100 km/h. L’uomo, però, ignora che alla fermata di Coronella ci sia un treno merci, l'82426, che sta ripartendo dopo circa 15 minuti di sosta al segnale di blocco numero 16. L’impatto tra i due mezzi è inevitabile.

I soccorsi

L’orologio segna le 23,38 quando i residenti della piccola località a 17 chilometri da Ferrara vengono sorpresi da un enorme boato. Alla chilometrica 39+800 della ferrovia Bologna-Padova, le tre automotrici del treno passeggeri si scontrano con i carri frigo che sono in coda al merci. L’urto squarcia il silenzio della notte, qualcuno chiama i soccorsi, arrivano le prime squadre dei vigili del fuoco, tutt’intorno è un rincorrersi di sirene spiegate. Le operazioni di estrazione delle vittime e dei feriti dalle lamiere contorte richiedono diverse ore, e i soccorritori lavorano senza sosta per tutta la giornata. Otto vittime vengono recuperate solo dopo circa venti ore, a causa delle difficoltà incontrate dai soccorritori per arrivare nei punti in cui i corpi sono rimasti schiacciati. Dei feriti, nessuno è in gravi condizioni, tant’è che nove di loro vengono dimessi dall’ospedale dopo poco. La sciagura blocca i binari della linea Bologna-Ferrara. I treni fino a sera vengono deviati "via Verona". Sono due le indagini avviate sull’accaduto: una interna alle Ferrovie dello Stato per verificare il possibile errore umano del guardia-blocco, e una condotta dalla magistratura.

La condanna

Nei momenti immediatamente successivi alla strage, opinione pubblica e istituzioni si chiedono se sia stato un attentato o un errore umano, ma dopo poche ore la seconda pista sembra essere la più accreditata: lo scambista ferroviario, colui che ha il compito di gestire gli scambi dei binari, verrà considerato il responsabile dell’orrore e, per questo, condannato penalmente. Mentre si piangono i morti di una strage che poteva essere evitata, le polemiche non tardano a farsi spazio.

Poggio Renatico
La stazione di Poggio Renatico

A quel tempo, la domanda più insistente è una: “Possibile che un tratto ferroviario così centrale abbia un sistema di comunicazione basato su un regime di blocco manuale?”. Purtroppo sì, in quegli anni è la prassi, la strada all’automatizzazione è ancora lunga. A far luce sulla sciagura anche le indagini eseguite sull’orologio marcatempo, una sorta di scatola nera che registra i segnali di "via" o di "fermata" sui binari. L’orologio viene sequestrato, mentre l’addetto che aveva il compito di controllarlo, viene interrogato dai carabinieri. L'uomo ha 38 anni, e per diverse ore dopo la tragedia rimane sotto choc, per cui per gli inquirenti risulta difficile ascoltarlo in tempi brevi. Intanto, in ospedale i feriti meno gravi aiutano le forze dell’ordine a far luce sull’accaduto. Alberto Marchi ha 20 anni, è stato colpito alle gambe, è miracolosamente vivo. Viaggiava con un suo caro amico, Roberto. Tornavano da Milano, dove avevano trascorso qualche giorno con le loro fidanzate. Stanno chiacchierando, quando un blackout in carrozza e poi lo schianto li coglie all’improvviso. Rimangono incastrati per dei minuti interminabili. Roberto si lamenta, qualcuno tira fuori un accendino, Alberto vede l’amico sanguinante, dalla bocca gli sgorgano rivoli senza sosta, il suo volto è distrutto. Alberto cerca di tenerlo sveglio, urla il suo nome: una, due, tre volte, fino a quando Roberto non risponde più.

Il processo civile

Solo nell’ottobre del 1990 inizia il lungo processo civile nei confronti delle Ferrovie dello Stato per il risarcimento delle famiglie delle vittime. Una faticosa battaglia che vede in prima linea una donna, la moglie di un ferroviere che perse la vita, e che al momento della strage era incinta di 4 mesi.

La strage di Coronella spinge le autorità ferroviarie italiane a rivedere i protocolli di sicurezza e a implementare nuove tecnologie per il controllo del traffico ferroviario. Nel 2000, viene introdotto il Sistema Controllo Marcia Treno (SCMT), un sistema automatico che interviene in caso di errore umano per prevenire incidenti simili in futuro.

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