Dominique Pelicot è stato condannato a 20 anni di reclusione con l'accusa di stupro aggravato nei confronti della ex moglie Gisèle. La sentenza è stata emessa questa mattina dai giudici del Tribunale penale di Avignone, in Francia, dove si celebra il processo per gli stupri di Mazan. Pene inferiori, invece, sono state inflitte agli altri 50 imputati. Alla lettura del verdetto erano presenti in aula anche madame Pelicot e i suoi figli. "È con profonda emozione che vi parlo oggi. - ha dichiarato alla stampa Gisèle Pelicot al termine dell'udienza - Questo processo è stato una prova molto difficile e, in questo momento, penso innanzitutto ai miei tre figli, David, Caroline e Florian. Penso anche a tutte le altre famiglie toccate da questo dramma. Penso alle vittime non riconosciute. Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta".
La sentenza
Il 72enne era accusato di aver drogato la moglie per circa un decennio e di averla fatta ripetutamente violentare da decine di uomini, ingaggiati online, nella loro casa di Mazan. I giudici hanno accolto la richiesta del pm condannando l'imputato a 20 anni di carcere, la pena massima prevista dal codice penale francese per il reato di stupro con circostanze aggravanti, compresa la sottimissione chimica. Pelicot è stato riconosciuto colpevole anche per la detenzione di alcune foto che ritraevano la figlia Caroline e le ex nuore.
Pene inferiori per gli altri 50 imputati
Nessuno degli altri 50 imputati è stato assolto, ma le condanne sono notevolmente inferiori rispetto a quelle richieste dall'accusa. Le pene vanno da 3 anni di reclusione, di cui 2 anni con la condizionale semplice, fino ai 20 per l'imputato principale. I pubblici ministeri avevano fissato invece una pena minima di 10 anni per gli altri stupri e quattro per l'unico imputato accusato di molestie. Jean-Pierre M., 63 anni, definito come il "discepolo" di Pelicot, è stato condannato a 12 anni di carcere. L'uomo è stato l'unico imputato a non comparire a processo per atti commessi contro Gisèle Pelicot, ma contro la sua stessa moglie, che ha drogato affinché Dominique Pelicot potesse violentarla.
L'ipotesi del ricorso in appello
Secondo quanto riporta il quotidiano Le Parisien, Dominique Pelicot non esclude di fare ricorso in appello. "Da questo punto di vista non è stata presa ancora nessuna decisione", ha dichiarato alla stampa il legale del 72enne, l'avvocato Béatrice Zavarro, uscendo dal tribunale dopo la sentenza. I difensori degli altri imputati hanno espresso "soddisfazione" per l'esito del processo.
Le dichiarazioni prima della sentenza
Prima che fossero emessi i verdetti, i giudici hanno dato la possibilità a tutti gli imputati di rilasciare dichiarazioni spontanee. Alcuni hanno detto di "non aver nulla da aggiungere", mentre altri si sono scusati con Gisèle. Uno di questi, che si è recato sei volte a casa della famiglia Pelicot e per il quale l'accusa aveva chiesto 16 anni di carcere, ha annunciato che "qualunque sia la sentenza" non farà appello "per rispetto della vittima, in modo che non debba sopportare" un nuovo processo.
I figli di Gisèle
I figli di Gisele Pelicot hanno espresso il loro disappunto riguardo l'entità delle condanne inflitte agli uomini sotto processo. "I ragazzi sono delusi", ha commentato un familiare che ha chiesto l'anonimato. Nessuno di loro ha voluto parlare con il padre. "Condividiamo l'incomprensione e la delusione di fronte ad alcune sentenze pronunciate, nonostante i testimoni e le prove", ha scritto in una nota Fondation des femmes, l'associazione francese in prima linea nella lotta per i diritti delle donne, dopo la pronuncia della sentenza.
"Rifiutando l'udienza a porte chiuse - recita un passaggio del comunicato riportato dalla stampa transalpina - Gisèle Pelicot ha dato una dimensione storica al processo, mostrando l'esistenza dello stupro coniugale, la banalità degli stupratori e la portata della sottomissione chimica. Ma la lotta contro l'impunità è lungi dall'essere conclusa".
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