Il sovraccarico, il fuoco, la tragedia: "Cercavo di salvarmi, mia madre annegava"

Sono le prime luci dell'alba del 28 agosto 1971, quando a bordo della nave greca Heleanna divampa un incendio, a causa del quale moriranno 25 persone e circa 256 feriti verranno trasportati nei vicini ospedali pugliesi di Brindisi e Monopoli

Il sovraccarico, il fuoco, la tragedia: "Cercavo di salvarmi, mia madre annegava"

"Non so descrivere il sentimento e le sensazioni vissute in quei momenti, dovevo sopravvivere e cercare di salvare mia madre, in quel mare mosso dove sia io che mia madre bevevamo, mentre dalla nave si staccavano pezzi di vernice infuocati che ci cadevano vicino e addosso, e io giù con la testa per non scottarmi. Ero stanco e a un certo punto ho trascurato di sostenere mia madre, l’ho intravista mentre le onde la trascinavano sul fondo del mare, avevo perso anche lei".

A parlare è Gianni Bagolini, sopravvissuto all'incendio della nave Heleanna. L'uomo ha raccontato al sito BrindisiWeb il momento in cui perse la sua famiglia tra le onde dell'Adriatico. All’alba del 28 agosto 1971 la nave passeggeri greca Heleanna, partita da Patrasso, in Grecia e diretta ad Ancona, prese fuoco, causando il decesso di 25 persone, 271 feriti e un numero imprecisato di dispersi.

La nave e l’incendio a bordo

L’Helanna fu costruita nel 1954 nei cantieri Ab Götaverken di Göteborg, in Svezia, non come nave passeggeri, bensì come petroliera. Fu solo nel 1966 che l’armatore greco Costantino S. Efthymiadis l’acquistò insieme ad altre 3 petroliere, che convertì in navi passeggeri. La Munkedal, ribattezzata in seguito Heleanna, mantenne l’aspetto originario, ma fu dotata di cabine per i passeggeri, aggiunte tra il ponte superiore e la sala macchine. L’Heleanna poteva trasportare fino a 676 passeggeri e praticava principalmente la rotta Pireo-Creta e Patrasso-Ancona.

Quel giorno di fine agosto del 1971 l’Heleanna salpò da Patrasso in sovraccarico, con ben 1174 passeggeri a bordo, ovvero più di 600 persone in più del consentito e 200 automobili. I passeggeri dormivano nelle loro cabine, quando alle 5.30 del mattino nelle cucine della nave, che si trovava a 25 miglia nautiche a nord di Brindisi e a 9 miglia da Torre Canne, scoppiò una bombola di gas. L’incendio causato dalla fuga di gas si propagò per tutta la nave, ma sulle prime il comandante e alcuni membri dell’equipaggio decisero di non chiamare i soccorsi e di cercare di domare l’incendio.

Alcuni superstiti raccontarono che il personale di bordo pensò di poter spegnere il fuoco con delle semplici secchiate d'acqua, totalmente inutili data l'entità dell'incendio e le dimensioni della nave. La stampa di allora definirà l'armatore Efthymiadis e il comandante dell'Heleanna "negrieri del mare", per il modo poco professionale con cui gestirono la sciagura, e per le condizioni della nave.

Dopo due ore le fiamme non si spegnevano, e i passeggeri erano ormai nel panico. Una volta contattati i soccorsi l’equipaggio provvide a far salire i passeggeri sulle scialuppe di salvataggio, 12 in tutto, un numero insufficiente per le 1174 persone a bordo dell’Heleanna. Ma le sciagure non erano finite. Le scialuppe non si potevano calare in acqua a causa di un argano bloccato e una di esse, con un carico di donne, si spezzò a metà, facendo precipitare le malcapitate in mare e provocando la morte di alcuni passeggeri intenti a salvarsi dal fuoco che ormai avvolgeva la nave.

L’incendio causò la morte di 25 innocenti, di nazionalità italiana, greca e francese, 271 feriti e un numero tutt’oggi sconosciuto di dispersi. Questo perché a bordo dell’Heleanna quel giorno salirono molti clandestini, alcuni dei quali fecero perdere le loro tracce.

I soccorsi e la fuga del comandante

L'Heleanna prima dell'incidente

I soccorsi per mettere in salvo i passeggeri dell’Heleanna partirono da Brindisi, Bari, Monopoli, Taranto e Grottaglie e vennero impiegati anche pescherecci privati per la ricerca dei numerosi dispersi in mare e spegnere l’incendio, che fu domato parecchie ore dopo la tragedia. I passeggeri feriti e quelli usciti illesi dall’incendio vennero accolti a Brindisi e Monopoli, città in seguito insignite dal presidente della Repubblica Giovanni Leone della Medaglia d'argento al valor civile per l’accoglienza.

Come riporta il sito IlNautilus, il comandante Dimitrios Anthipas, giovane inesperto, abbandonò la nave a bordo di una delle scialuppe, e fu arrestato al porto di Brindisi, appena prima di imbarcarsi con la moglie su una nave diretta in Grecia. L'uomo fu processato sia in Italia che in Grecia per l’incidente.

All’epoca dei fatti le acque territoriali nazionali comprendevano 6 miglia nautiche, quindi la tragedia occorse in acque internazionali, ma visto che alcune vittime vennero ricoverate o morirono all’ospedale di Brindisi, l’Italia rivendicò la sua competenza nel processo ad Anthipas. Ma le colpe non ricaddero solo sul comandante. Gli inquirenti che indagarono sulla sciagura attribuirono infatti gran parte delle responsabilità dell’accaduto all’armatore.

Dal punto di vista della sicurezza marittima la nave non era equipaggiata al meglio, presentava sistemi di soccorso scarsi, non aveva impianti anti incendio adeguati e non poteva ospitare così tante persone. Ma l'armatore era solito riempire fino all'orlo le sue navi, per ottimizzare le spese di viaggio. Gli inquirenti accusarono quindi Efthymiadis di aver sovraccaricato la nave in modo tale che le scialuppe risultarono troppo poche per salvare i passeggeri, rallentando i soccorsi.

Ma nonostante la gravità dell'incidente e le pessime condizioni dell'Heleanna, le vittime di quel terribile incidente non ottennero giustizia. Come si legge su BrindisiOggi, il processo agli ufficiali, al comandante e all'armatore dell'Heleanna, fu una sorta di farsa, con tanto di testimonianze manipolate.

Purtroppo le vittime e i sopravvissuti al disastro non ottennero alcun risarcimento, dato che la nave era sotto assicurata.

Infine alcuni superstiti rivelarono lo sgomento e l'amarezza nello scoprire alcuni membri dell'equipaggio rubare dalle cabine, e addirittura depredare le povere vittime di soldi e gioielli, durante quelle ore di terrore in alto mare.

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