Cosa sono i kibbutz, le comunità israeliane dove Hamas ha fatto strage di civili

I Kibbutz sono uno degli obiettivi dei terroristi di Hamas. Nati all'inizio del secolo, costituiscono le cellule fondative dello Stato di Israele: fondate un tempo su una rigida gestione collettivista della vita e del lavoro

Cosa sono i kibbutz, le comunità israeliane dove Hamas ha fatto strage di civili

Kibbutz, una parola che ritorna più volte nella cronaca drammatica di queste ore e che descrive una complessa e vivace realtà sociale e associativa israeliana, che i terroristi di Hamas hanno puntato come obiettivo fin dalle prime ore dell'attacco. Solo nella serata di ieri, ad esempio, l'organizzazione rabbinica Zaka ha annunciato la scoperta di 108 corpi di israeliani nel kibbutz di Be'eri, vicino al confine orientale con la Striscia di Gaza, nel primo giorno di ricerche delle vittime.

Ma le storie di violenza dai kibbutz si legano e sovrappongono in queste ore, in una spirale di atrocità contro i civili e relativi tentativi di salvarli. Sono passati più di tre giorni dall'attacco senza precedenti di Hamas contro Israele, e la minaccia dei miliziani getta altro terrore su un Paese sotto choc. Tra i rapiti ci sarebbero anche due italo-israeliani, marito e moglie che si trovavano nel kibbutz di Bèeri. "Non rispondono alle chiamate della famiglia. Probabilmente sono stati presi in ostaggio, oppure risultano dispersi, non abbiamo ancora la certezza", aveva riferito nella serata di ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani riferendosi a Eviatar Moshe Kipnis e Liliach Lea Havron, questi i nomi della coppia con doppia cittadinanza.

Tra le vittime dell'attacco di Hamas a Israele, ci sono anche neonati e bambini piccoli; e alcuni sono stati decapitati. Tre giorni dopo l'attacco palestinese, per la prima volta l'esercito israeliano ha permesso ai media di visitare un kibbutz, quello di Kfar Aza, dove tra i morti sono stati trovati una quarantina tra neonati e bambini piccoli. Lo riferisce i24News che parla di "orrore inimmaginabile".

Storie drammatiche dai kibbutz

Ma di storie dai kibbutz ne giungono tante. Come quella di Avital Aldegem, riuscita a portare in salvo Eshel (4 mesi e mezzo) e Negev (4 anni), figli dell'amica Adi. Della madre dei bambini non si hanno più notizie dalla mattina di sabato, dal momento in cui quell'inferno si è spalancato e ha travolto gli abitanti del kibbutz Holit, così come di una ventina di altre comunità israeliane assaltate da Hamas. "Siamo tornati a piedi da Gaza al kibbutz, schivando i razzi e le squadre di terroristi armati", ha raccontato la donna alle telecamere di Canale 12. A piedi, così come i rapitori li avevano spinti fin dentro la Striscia, per poi abbandonarli oltre il confine. Avital Aldegem era corsa a chiudersi nel rifugio all'alba, come tutti gli altri abitanti del kibbutz, dopo che l'allarme aveva preceduto una raffica di razzi da Gaza. Ma ad un certo punto, ha raccontato, "abbiamo sentito urla in arabo e spari, oltre ai bombardamenti incessanti. Non avevamo idea di cosa stesse succedendo".

Dalle prime ore dell'attacco, colpito anche il kibbutz Nirim, a breve distanza dalla striscia di Gaza, dove l'esercito è riuscito ad uccidere 9 membri di un commando di Hamas, quasi 12 ore dopo la loro infiltrazione. Qui Adele Raemer, è rimasta rinchiusa un'intera giornata nel Mamad, la stanza protetta. Sul web Raemer è nota per il suo impegno per un dialogo di pace con i palestinesi. "Non ho mai avuto tanta paura. Al momento non sappiamo nemmeno se nei vialetti del kibbutz ci siano solo i terroristi di Hamas o anche soldati. Corre voce che potrebbero aver indossato divise israeliane, per ingannarci", ha raccontato nelle ore più drammatiche. Le madri e le donne dei kibbutz si fanno coraggio a vicenda con messaggi su WhatsApp. Ma le informazioni su quanto avviene attorno a loro sono ridotte. Per loro, come per tutte le donne nel mezzo di una guerra, non è solo la prospettiva della morte ad atterrire ma quella delle sevizie sui propri figli e l'orrore degli stupri, l'arma di guerra più antica di tutte.

funerale kibbutz
Soldati in piedi davanti alla tomba del militare israeliano Yuval Ben Yaakov, morto durante i combattimenti con i militanti di Hamas al confine con la Striscia di Gaza, durante il suo funerale nel kibbutz di Kfar Menahem, nel sud di Israele.

Cos'è un kibbutz

I kibbutz sono comunità rurali di dimensioni medio-piccole che si fondano sull'ideale socialista di uguaglianza. Un esperimento sociale che ebbe inizio agli albori del secolo scorso nell'attuale nord di Israele, con il kibbutz di Degania Alef. Questa comunità venne fondata nel 1909 su un progetto dell'Organizzazione sionista mondiale e diede i natali a numerose personalità che avranno un ruolo di rilievo nella cultura e nella politica israeliana: uno fra tutti, Moshe Dayan. L'organizzazione interna del kibbutz è molto semplice e prevede l'obbligo di lavorare non per se stessi ma per l'intera comunità, accettando di essere remunerati non in denaro ma con i frutti della terra. In alternativa, nei kibbutz dediti non alla emra autosussistenza, tutti i mmebri del gruppo ricevono los tesso budget (in base alla grandezze delle proprie famiglie), indipendentemente dal loro lavoro e dalla loro posizione. Governati da un consiglio ristretto, tendenzialmente prevedono la presenza di un'assemblea generale che vota e prende le decisioni: si tratta di un esperimento di democrazia diretta partecipativa, nel quale il collettivo e l'etica giocano un ruolo fondamentale.

Per questa ragione, ispirandosi a forme di vivere collettivo già presenti nell'area, i kibbutz sono stati le cellule fondative dello Stato di Israele, soprattutto quando la controdiaspora ebraica ne fece un luogo di accoglienza e di opportunità. Anche per queste ragione sono finiti nel fuoco incrociato dello scontro politico e militare con il mondo palestinese che vede nei kibbutz l'origine dell'occupazione del territorio a lungo conteso. Singolare anche l'approccio pedagogico all'educazione dei bambini: educati dall'intera comunità e non solo dai propri genitori, con regole piuttosto ferree a partire dal luogo del kibbutz preposto alla loro vita in comune ("La casa dei bambini"), che si protrae fino all'adolescenza.

L'evoluzione di queste comunità

Nati soprattutto come comunità agricole, con popolazione variabile tra le 50 e le 1000 persone per garantirne l'autosufficienza, hanno subìto nel corso del tempo la progressiva inurbazione del Paese. Ulteriori problematiche sono giunte nel corso dei decenni, come l'accumulo di debiti a partire dagli Settanta, che spesso ne ha indebolito la capacità finanziarie. Questo aspetto contribuì molto all'abbandono dei kibbutz da parte delle fasce più giovani della società, desiderose di vivere gli agi e il fermento urbano. Questo spiega anche perché fra gli anni Ottanta e i Duemila i kibbutz sono andati incontro ad una serie di privatizzazioni che ne hanno mutato drasticamente non solo l'impianto economico (con il ricorso a lavoratori salariati) ma anche quello sociale.

Oggi il movimento dei kibbutz sta subendo un progressivo cambiamento. Aspetti che in passato erano prerogativa della comunità ora sono tornati nelle mani delle famiglie, come l'educazione dei figli che ora vivono prevalentemente con i loro genitori. Ancora oggi in queste comunità convivono fino a quattro generazioni, rinfocolate dall'arrivo di nuovi immigrati affascinati da questo mdoello di vita alternativo. Negli ultimi tredici anni, in controtendenza con gli ultimi quarant'anni, la popolazione nei kibbutz è tornata a crescere, contribuendo all'evoluzione del modello economico che ha accettato un livello differente dei salari tra i lavoratori interni, abbandonando progressivamente il rigido stampo socialista (mantenuto solo da 66 comunità su 282). Molti dei kibbutz di nuova generazione si sono aperti ad ulteriori settori come quello della lavorazione delle materie plastiche, all'elettronica o al turismo, spesso trasformandosi in incubatori di startup, facendo registrare il 9% del prodotto industriale nazionale e il 40% di quello agricolo.

Anche l'approccio alla fede è mutato nel tempo: la maggior parte dei kibbutz oggi ha uno stampo prevalentemente laico, mentre solo una ventina mantengono uno stampo religioso, legato sia alle correnti riformiste che a quelle ortodosse.

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