L'ira di Trump dopo il verdetto: "Faremo appello contro giudice clintoniano"

Dure accuse dell'ex presidente all'indirizzo del giudice Lewis Kaplan, 78 anni, nominato da Bill Clinton nel 1994. "Cos'altro potete aspettarvi da un odiatore di Trump, un giudice nominato da Clinton", ha osservato il tycoon

L'ira di Trump dopo il verdetto: "Faremo appello contro giudice clintoniano"
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L'ex presidente Donald Trump lancia l'ennesimo feroce attacco contro i giudici, a suo dire troppo di parte e non equilibrati nei giudizi nei suoi confronti. "Faremo appello, siamo stati trattati molto male da un giudice che è stato nominato da Bill Clinton" ha dichiarato il magnate a Fox News commentando la sentenza con cui è stato condannato per aver aggredito sessualmente e per aver diffamato la scrittrice ed ex editorialista di Elle, E. Jean Carroll. Nel 2018 la giornalista ha accusato l'ex presidente di averla violentata, nella primavera del 1996, in un camerino di un grande magazzino newyorkese: in sede civile un tribunale di Manhattan le ha dato ragione, confermando l'accusa di diffamazione ma non di violenza sessuale, derubricata al reato di "aggressione sessuale". Trump è stato condannato a pagarle 5 milioni di dollari di risarcimento, ma ora annuncia battaglia e un ricorso.

La furia di Trump contro il giudice

"Non ho assolutamente idea di chi sia questa donna. Questo verdetto è una disgrazia. Il proseguimento della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi", ha scritto Trump sul social Truth, commentando a caldo la decisione della giuria. Successivamente, l'ex presidente ha inveito contro il giudice newyorkese Lewis Kaplan, che ha presieduto il caso. "Cos'altro potete aspettarvi da un odiatore di Trump, un giudice nominato da Clinton che ha fatto di tutto per assicurarsi il risultato più negativo contro di me, parlando e controllando a una giuria di un'area anti-Trump, che probabilmente è il peggior posto negli Stati Uniti per me per ottenere un processo equo" ha sottolineato il tycoon.

Come nota il New York Post, Kaplan, 78 anni, fu nominato nel 1994 dall'allora presidente Bill Clinton. Nativo di Staten Island, nella sua lunga carriera si è occupato di casi di alto profilo contro mafiosi della Grande Mela e terroristi di al-Qaeda. Ha inoltre supervisionato il caso per violenza sessuale contro il principe Andrea.

"Caccia alle streghe dei dem"

Anche lo staff dell'ex presidente e candidato alle elezioni presidenziali del 2024 ha commentato il verdetto della giuria newyorkese. "L'infinita caccia alle streghe del Partito Democratico al presidente Trump ha toccato oggi un nuovo apice. Nelle giurisdizioni interamente controllate dai democratici, il sistema giudiziario della nostra nazione è ora compromesso dalla politica estremista di sinistra", ha affermato il team di Trump. “Abbiamo permesso che affermazioni false e totalmente inventate da parte di individui in difficoltà interferissero con le nostre elezioni, causando gravi danni".

Il verdetto contro l'ex presidente arriva mentre si accende la sfida per la nomination repubblicana. Secondo l'ultimo sondaggio Morning Consult, The Donald sarebbe in testa con il 60% delle preferenze, seguito da Ron DeSantis, fermo al 19%, che deve però ancora annunciare la sua candidatura alle primarie. L'ex governatore della South Carolina, Nikki Haley, è ferma al 3% mentre l'imprenditore Vivek Ramaswamy si attesta sul 5%. L'ex governatore dell'Arkansas Asa Hutchinson raccoglierebbe invece solo l'1%.

Nuovo scontro con i giudici

All'inizio di aprile, l'incriminazione decisa dal procuratore distrettuale democratico Alvin Bragg nei confronti di The Donald per aver pagato un’attrice hard – la pornostar Stormy Daniels – prima delle elezioni presidenziali del 2016, ha infiammato il dibattito politico. Anche in quell'occasione i repubblicani hanno accusato il procuratore di essere iper-politicizzato e derubricano l'intera vicenda a una persecuzione politica. Il Gop accusa Bragg di essere sul libro paga del finanziere liberal George Soros, fondatore dell'Open Society Foundations e nemico giurato dell'ex presidente.

Ad oggi, la strategia della campagna di Trump di sfruttare politicamente i giuai giudiziari di The Donald sta dando i suoi frutti: dunque è probabile che lo stesso ex presidente continui ad inveire contro i giudici, accusandoli di essere di parte, al fine di passare come "vittima" di un "sistema corrotto" e accrescere così i propri consensi.

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