Putin vuole la Trinità di Rublev per vincere la guerra: il no del Museo di Mosca

Putin aveva richiesto il trasferimento della nota icona della Santissima Trinità dalla celebre Galleria Tretjakov alla Chiesa ortodossa, in onore dell'amico Kirill. Ma gli esperti si oppongono: l'icona resta dov'è

Putin vuole la Trinità di Rublev per vincere la guerra: il no del Museo di Mosca

In hoc signo vinces, “disse” il cielo all’imperatore Costantino prima della battaglia di Ponte Milvio. Secoli dopo, Vladimir Putin rovescia il paradigma, tentando di accaparrarsi da sè il sostegno divino, ingraziandosi l’intercessione di Kirill attraverso la preziosa icona della Santissima Trinità di Andrej Rublev.

Il niet della Galleria a Vladimir Putin

L’opera d’arte è custodita presso la celebre Galleria Tretjakov fino a quando, il 15 maggio scorso, ne era stato disposto il trasferimento per decreto alla Chiesa ortodossa, braccio spirituale del Cremlino. Il provvedimento era stato predisposto nonostante il parere contrario dei custodi dell’arte russa che invocavano come ragione ostativa “lo stato complesso e instabile e l’imprevedibilità del processo degenerativo già in corso”. In seguito al decreto, il Patriarca Kirill aveva annunciato che, a partire dal giorno della Festa della Trinità (il 4 giugno), "l’immagine miracolosa" sarebbe stata esposta per un anno nella Cattedrale del Cristo Redentore di Mosca per poi essere riportata nella sua sede storica, il Monastero della Trinità di San Sergio Radonezh, ove era tornata come “ospite”, per alcuni giorni, lo scorso anno.

Fra gli esperti a dire "no" anche molti esponenti filogovernativi, pronti a mettere nero su bianco che l’esposizione dell’opera in una Chiesa avrebbe messo a repentaglio l’integrità di questo pezzo unico. Non solo, Putin, sulle prime battute, era stato da questi additato come un superstizioso principe medioevale pronto a portare in battaglie icone e reliquie per assicurarsi la vittoria. Ma nonostante la strenua difesa dell’operazione, è stato costretto a fare un passo indietro. Sorprendentemente, la Galleria si è opposta al trasferimento. Quest’ultima, aveva già fatto parlare di sé nel febbraio scorso, quando dopo la recensione negativa di un visitatore, la direttrice Zelfira Tregulova era stata rimossa dal suo incarico: Tregulova, che aveva pazientemente intessuto le relazioni estere della prestigiosa istituzione d’arte, era stata sostituita con una fedele alla linea, Elena Pronicheva, figlia di un ex Kgb.

L'ossessione di Putin per l'icona della Santissima Trinità

L’ossessione di Putin per questa icona si spiega per via del ruolo che questa possiede dell’iconografia ortodossa. La mitopoiesi di questa raffigurazione, che racconta uno dei dogmi più complessi della cristianità, è legata infatti alla storia del Monastero della Trinità di San Sergio, uno dei più importanti di Russia, fondato da Sergio di Radonezh. Dipinta nella seconda metà del XV secolo, secondo una stima effettuata proprio dagli esperti della Tretjakov, era statarichiesta fatta da un discepolo di Dan Sergio a Rublev, che avrebbe poi affrescato l’intero complesso monastico. L’icona raffigura tre angeli seduti ad un tavolo, innanzi ad una ciotola che reca una testa di vitello. Vi è poi il calice, simbolo eucaristico, riferimento al Nuovo Testamento. Il vero giallo, che ancora oggi appassiona gli storici dell’arte, è che ancora non vi sia unanime parere su chi sia chi fra gli angeli raffigurati.

Rappresentare la Trinità e il relativo dogma è stato da sempre un complesso grattacapo per gli artisti: Rublev è stato il primo a trovare una via d’uscita rendendo il dogma di facile comprensione attraverso una rappresentazione originale del Dio-padre, Dio-figlio e dello Spirito Santo. Per questa ragione divenne l’ispirazione per tutti gli autori di icone successivi, ma soprattutto il creatore di una pietra miliare dell’immaginario sacro ortodosso. L’icona, inoltre, raffigura la Russia unita, essendo contemporanea al processo iniziale dell’unificazione dei territori russi e della lotta contro i tatari-mongoli.

Putin e i precedenti

Se l’elemento ortodosso è inscindibile dalla narrazione della Russia putiniana, nonché dello stesso Vladimir Putin, anche l’ossessione del neozar per questo tipo di opere non è una novità.

Nel settembre scorso, nel suo viaggio verso Kherson, Putin aveva portato in dono ai generali Teplinskij e Lapin proprio due icone. In passato era toccato al prestigioso Ermitage di San Pietroburgo rinunciare ad una delle sue opere di maggior pregio: il sarcofago di Aleksandr Nevskij, restituito al monastero che custodiva le reliquie del principe canonizzato nel 1547. Atti simbolici e anacronistici che in quel di Mosca sugellano l’alleanza tra Cremlino e la Chiesa ortodossa, a cui si chiede di “pregare per la vittoria”.

La stessa Trinità di Rublev ha subito sorti alterne nel corso della storia: se personaggi del caalibro di Ivan il Terribile e Boris Godunov arrivarono a donare dell’oro per la realizzazione della sua cornice, l’icona subì la furia iconoclasta dei bolscevichi a partire dal 1917, quando il monastero di San Sergio venne chiuso. Fu allora che venne trasferita nella celebre Galleria, resistendo alla furia dei conflitti e al degrado del tempo. E dove pare resterà ancora per molto.

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