Potremmo definirlo "Waters-gate" quello che ha investito nelle ultime settimane lo storico frontman dei Pink Floyd. Roger Waters, 79 anni, bassista e cantante del gruppo britannico dal 1965 al 1984, è tornato al centro della scena dopo che la Russia ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di includerlo nell'elenco degli oratori per la riunione del Consiglio di oggi sull'Ucraina. A dichiararlo il primo vice rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite Dmitry Polyansky all'agenzia Tass.
Waters era stato di recente attaccato duramente dalla moglie del suo ex chitarrista David Gilmour, Polly Samson, via Twitter, venendo definito "un antisemita, un ladro e un sostenitore di Putin". La motivazione? Aver proposto una soluzione personale alla crisi ucraina per mezzo della ricerca di un compromesso da parte di Kiev in una lettera aperta alla First lady Olena Zelenska.
Waters ha risposto all'invito di Zelenska alla Bbc a inviare più armi a Kiev con una lettera in cui dichiarava la sua volontà di "cercare una strada diversa per fermare il massacro in Ucraina". Waters ha invitato Zelensky a "porre fine alla guerra civile nell'est e portare la pace nel Donbass e una parziale autonomia a Donetsk e Luhansk, ratificando e attuando il resto del corpo degli accordi di Minsk". Inoltre ha accusato gli Usa e il Regno Unito di aver gettato benzina sul fuoco della crisi ucraina.
L'affondo sull'Ucraina
Da qui è nata la querelle che ha coinvolto Waters. Il quale ha rincarato la dose parlando alla Berliner Zeitung e affermando che "Vladimir Putin ha sempre sottolineato di non avere alcun interesse a conquistare l’Ucraina occidentale, né a invadere la Polonia o qualsiasi altro paese oltre confine". Ha inoltre stigmatizzato l'Ucraina e i "governi di estrema destra influenzati dal golpe di Maidan a Kiev. Un colpo di stato ampiamente accettato come orchestrato dagli Stati Uniti". Troppo, per la Samson, autrice di molti testi dei Pink Floyd dopo l'uscita di Waters dal gruppo nel 1984.
Ora arriva la convocazione della Russia a Waters per parlare all'Onu. Una mossa che rischia di iscrivere ufficialmente nella lista dei propagandisti pro-Mosca un artista che sulla guerra in Ucraina si è mosso da battitore libero, radicalizzandosi mese dopo mese nella sua critica all'Occidente.
Waters nel 2014 esaltava la lotta delle Pussy Riots contro Putin, nel 2022 lo ha invitato a sedersi al tavolo dei negoziati con Kiev scrivendogli una lettera aperta con parole chiare: "Se ho letto correttamente i tuoi precedenti discorsi, ti piacerebbe negoziare uno stato di neutralità per un sovrano, vicino Ucraina? Giusto? Supponiamo che una tale pace possa essere negoziata, dovrebbe contenere un accordo assolutamente vincolante per non invadere mai più il territorio di nessuno".
Dai concerti annullati a strumento della propaganda russa
Dopo lo scoppio della guerra, però, gli attacchi all'Occidente si sono amplificati. Waters è stato dichiarato per le sue posizioni persona non grata dalla città di Cracovia che a settembre ha annullato il suo concerto.
E ora la Berliner Zeitung nota un parallelismo tra la radicalizzazione di Waters sull'Ucraina e quella precedente nelle critiche a Israele, partite con l'opposizione alle politiche aggressive di Tel Aviv in Palestina e arrivate a attacchi furibondi negli ultimi anni in cui ha definito lo Stato ebraico neonazista e genocida. Ad esempio, "dopo la morte violenta dell'afroamericano George Floyd, che ha provocato proteste in tutto il mondo, ha accusato Israele nel 2020 di essere in parte responsabile: la "polizia militarizzata" americana aveva imparato pratiche mortali come prendere l'aria inginocchiandosi sulla vittima dell'esercito israeliano".
Da uno scenario scomodo all'altro il "Waters-gate" si amplia.
E per il musicista di fama mondiale l'invito della Russia rappresenta però una linea rossa: accettarlo significherebbe passare dal campo delle voci libere, per quanto spesso stonate, a quello dei propagandisti. Un confine, per molti critici, già superato ampiamente dall'artista britannico.
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