
C'è un giudice a Londra. La notizia non è che la corte suprema britannica abbia stabilito che è donna chi nasce tale ma il fatto che serva un tribunale per ribadire l'ovvio. Eppure, a quanto pare, in un Occidente sempre più colpito da una crisi valoriale e di identità, occorre stabilire per legge cosa significhi essere una donna. È il risultato di anni di cultura woke e di deliri gender che si sono spinti sempre più in là fino a mettere in discussione le differenze naturali tra uomini e donne. Così, si è arrivati al paradosso di movimenti nati per difendere i diritti delle donne finiti ad essere promotori di istanze che le danneggiano come nel caso delle competizioni sportive dove atleti transgender, gareggiando nelle stesse competizioni delle donne, vengono avvantaggiati. Lo stesso accade con le borse di studio o le agevolazioni che dovrebbero spettare alle donne, assegnate in troppe occasioni a persone trans. Eppure, chi in questi anni si è opposto alle derive che hanno colpito il mondo dello sport, la scuola, le università e, più in generale, tutta la società, è finito sotto le scure del politicamente corretto. Il caso della scrittrice J. K. Rowling è il più noto ma gli esempi sono numerosi e riguardano anche l'Italia.
Quanto sancito dalla Corte suprema britannica, e cioè che «i termini donna' e sesso' nella legge sulle pari opportunità si riferiscono a una donna biologica», non dovrebbe essere materia di un tribunale ma dovrebbe appartenere a un altro tipo di legge che è la legge naturale. Si tratta di un concetto già noto nell'antichità greco-romana e poi sviluppato dal pensiero cristiano, in particolare da Tommaso d'Aquino. La legge naturale è il contrario del relativismo (non a caso uno dei mali della nostra epoca) che mette tutto in discussione come denunciato nei suoi scritti da Benedetto XVI.
L'autore inglese G.K. Chesterton, in una sua celebre frase mai tanto opportuna come in questo caso, affermava: «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto».
Si è cercato in tutti i modi di far passare il messaggio che non esistono distinzioni tra uomini e donne, che dire che un bambino nasce da una mamma e da un papà sia una frase discriminatoria, che un figlio può essere un vezzo di ricchi miliardari che lo comprano sfruttando il corpo di donne nei paesi poveri. Opporsi a queste affermazioni ha significato per molto tempo essere messi ai margini del dibattito pubblico, vedersi affibbiate etichette, venire accusati di discriminazione ma oggi qualcosa sta cambiando e c'è un ritorno generale del buonsenso.
Così le grandi aziende del web ritirano le proprie linee guida sull'inclusione, le università cancellano programmi sul gender, schwa e asterischi e si torna finalmente a dire che gli uomini sono uomini e le donne sono donne.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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