Ergastolano in permesso uccide due donne e poi si toglie la vita

Gli inquirenti hanno pochi dubbi: le tre morti sarebbero da ricondurre a un’unica dinamica. Sulla vicenda indagano i carabinieri della compagnia di Giarre e del comando provinciale di Catania

Ergastolano in permesso uccide due donne e poi si toglie la vita

Si chiama Salvatore La Motta, conosciuto da tutti con il nomignolo di Turi, il 63enne che si è suicidato con un’arma da fuoco questa mattina nelle vicinanze della caserma dei carabinieri di Riposto, nel Catanese. L’uomo è il maggiore indiziato dell’omicidio di due donne avvenuto poco prima il suo decesso. Carmelina Marino, di 48 anni, e Santa Castorina, di 50 anni, sono le vittime dell’agguato. Sembrerebbe che La Motta, fuori dal carcere da una settimana per un permesso straordinario, avesse una relazione sentimentale con la Marino, assassinata in un’auto, una Suzuki Ignis, sul lungomare del piccolo centro siciliano. Su questo particolare si muovono gli inquirenti che indagano sul delitto passionale.

I fatti

Il corpo senza vita della 48enne è stato trovato nei pressi del porto turistico. La donna è stata freddata con un colpo di pistola alla testa dopo che aveva fatto il pieno di carburante al vicino distributore di benzina. Poco tempo dopo è giunta segnalazione del ritrovamento di un altro cadavere nella centrale via Roma, a pochi passi dalla villa Pantano. Anche in questo secondo caso, la 50enne Santa Castorina è stata uccisa con un colpo di pistola. Il corpo senza vita è stato rinvenuto non molto lontano dalla propria vettura, a terra, in una pozza di sangue. A nulla sono serviti gli interventi dei sanitari del 118, poiché entrambe le donne erano già decedute.

Il suicidio

In quei terribili momenti Salvatore La Motta si è recato davanti alla caserma dei carabinieri dove si è tolto la vita, molto probabilmente con la stessa arma utilizzata per ammazzare le due donne. Si era presentato, a mezzogiorno, armato con una rivoltella, dicendo “mi voglio costituire”. I militari, tenendolo sotto tiro, hanno cercato di convincerlo a lasciare l'arma e non fare alcun tipo di gesto insensato, ma, purtroppo, il tentativo è stato vano perché l'uomo si è puntato la pistola alla testa e ha fatto fuoco. Gli inquirenti hanno pochi dubbi: le tre morti sarebbero da ricondurre a un’unica dinamica. Sulla vicenda indagano i carabinieri della compagnia di Giarre e del comando provinciale di Catania su incarico della procura.

Il legame del suicida con la mafia

L’uomo che si è suicidato è il fratello di Benedetto La Motta, noto come Benito o Baffo, di 65 anni, arrestato da militari dell'Arma nel luglio del 2020 nell'ambito di un'inchiesta su un omicidio, quello di Dario Chiappone, nel 2016, e indicato come il referente a Riposto della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. L'inchiesta della Dda di Catania prese ulteriore spunto dall'arresto di Antonino Marino, 78enne di Riposto, noto come il killer delle carceri, avvenuto il 20 dicembre 2019 per lo stesso assassinio dopo che le sue impronte furono trovate dal Ris di Messina sul luogo del delitto.

La reazione

“Né raptus, né amore. Solo odio criminale. Apprendiamo con rabbia e dolore – ha dichiarato la segretaria della Uil di Catania, Enza Meli – la notizia di un duplice femminicidio e siamo costretti ancora una volta a chiederci se è stato fatto tutto per prevenire questa tragedia”. Nel commentare la notizia delle donne uccise a Riposto e del suicidio del presunto autore dei delitti la sindacalista ha continuato: “La nostra provincia è nuovamente colpita da vicino per un duplice delitto che rende più pesante il bilancio di una strage in corso nel nostro paese.

Rivendichiamo da anni una risposta adeguata dalle istituzioni politiche, ma questa risposta non arriva mentre attendiamo che il Codice Rosso venga adeguato all'emergenza e realizzato in tutte le sue potenzialità”.

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