Iniezione letale alla donna malata terminale, marito e medico accusati di omicidio volontario

La donna, a cui era stato diagnosticato un tumore al colon, stava soffrendo dolori indicibili e avrebbe chiesto al marito di aiutarla ad avere una morte dignitosa

Iniezione letale alla donna malata terminale, marito e medico accusati di omicidio volontario
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Una vicenda delicatissima quella trattata in un'aula del tribunale di Roma. Nel 2019 una donna malata terminale di cancro ha perso la vita dopo la somministrazione di un farmaco letale, e da quattro anni il marito e un medico sono indagati proprio per questo. Per il pubblico ministero che si sta occupando del caso, infatti, fu omicidio volontario, mentre il compagno della vittima afferma che era stata proprio lei a chiedere di porre fine alle sue sofferenze.

Il dramma della malattia

Per comprendere pienamente questa triste storia è necessario tornare indietro negli anni, ancora prima del 2019. Alla donna venne diagnosticato un tumore maligno al colon e non le furono date speranze di alcun tipo. Secondo quanto ricostruito da Il Corriere, i dolori provati dalla signora erano indicibili, tanto che neppure le cure palliative, fra cui la stessa morfina, riuscivano ad attenuarli. Un dramma enorme, sia per la paziente che per il marito di lei, rimasto sempre al suo fianco. Alla fine, compreso di trovarsi in una strada senza uscita e incapace di sopportare oltre quel male indicibile, la donna avrebbe espresso il desiderio di avere almeno una morte dignitosa e priva di dolore.

Ecco il perché dell'estrema delicatezza di questa vicenda. Ancora una volta si torna a parlare di eutanasia. Un argomento molto dibattuto nel nostro Paese. Compresa la disperazione della moglie, l'uomo si sarebbe infatti attivato per realizzate quell'ultimo, atroce, desiderio.

L'iniezione letale

Per aiutare la compagna a lasciare questa vita, il marito si sarebbe rivolto a un medico di guardia, un giovane di 32 anni. La donna era ricoverata all'Idi (Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma) ed è lì che si sarebbe svolto il fatto. Nella notte 3 gennaio 2019, su richiesta del coniuge della paziente, il medico di guardia avrebbe iniettato alla donna del cloruro di potassio. Una somministrazione che non lascia scampo. Basti pensare che nelle esecuzioni il cloruro di potassio fa parte della procedura, dato che ha la capacità di arrestare il cuore.

La vicenda che divide

Il caso ha fatto molto discutere e ha diviso. Molti colleghi del medico ricordano quei momenti e la sofferenza immane provata dalla paziente. C'è chi dice di comprendere il gesto del 32enne, che avrebbe mostrato umanità nel porre fine ai tormenti della donna. "Rimanemmo tutti sorpresi di quella decisione, forse sbagliata, ma presa in un frangente terribile, che lo coinvolse da un punto di vista umano e professionale", è il commento riportato da Il Corriere.

Dopo l'accaduto, tuttavia, il medico venne licenziato dalla struttura.

Le indagini

In questi quattro anni sono state condotte delle accurate indagini sulla vicenda.

Il pubblico ministero Stefano Luciani ha chiesto il rinvio a giudizio per il marito della donna e per il medico, accusati di omicidio volontario.

Il prossimo 10 novembre si terrà l'udienza preliminare, e in quella circostanza il gup si pronuncerà sulla richiesta espressa dal pm.

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