Vive da 16 anni con la maschera e le mani legate: la storia choc di Bruno

L'uomo è costretto a vivere in queste condizioni dalla struttura in cui è ricoverato. Scattata la denuncia della garante delle persone private della libertà personale

Vive da 16 anni con la maschera e le mani legate: la storia choc di Bruno

Condurre la propria esistenza indossando quotidianamente una maschera protettiva simile a quella resa celebre da Hannibal Lecter nel film "Il silenzio degli innocenti": la straziante storia di Bruno, costretto a vivere in questa condizione da oltre 16 anni, sta facendo il giro del web.

L'uomo, che oltre a portare la maschera ha le mani legate così da non poter neppure afferrare degli oggetti,"non è un criminale, ma un malato". Così lo presenta su Facebook Irene Testa, la Garante per la Sardegna delle persone private della libertà personale, che ha scelto di denunciare quanto accade al paziente psichiatrico ricoverato nella struttura Aias di Cortoghiana (Sulcis-Iglesiente) nella speranza di poter migliorare le sue condizioni di vita. Bruno è affetto da "picacismo", disturbo del comportamento alimentare che lo spinge a ingerire abitualmente cose non commestibili.

"Se questo è un uomo. Sedici anni con le mani legate e una maschera come quella di hannibal lecter. Non è un criminale ma un malato. Va cambiato subito il suo piano terapeutico", denuncia sulla propria pagina Facebook Irene Testa. La donna racconta di aver avuto bisogno di tempo per riprendersi dallo choc subito nel prendere coscienza di quella che è la quotidianità di Bruno. "Ho atteso un giorno prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura Aias di Cordoghiana", scrive ancora la donna, "un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti".

"Non mi sto riferendo alla struttura ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla Presidente dell'Unasam (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all'allora Ministro della Salute Speranza e di interrogazioni in Consiglio Regionale della Sardegna", racconta Testa.

A causa della patologia che lo spinge a ingerire "qualsiasi cosa gli capiti davanti", il paziente vive da oltre 16 anni con le mani legate e indossando un casco protettivo che gli impedisce di portare alla bocca oggetti potenzialmente pericolosi da mangiare. Quindi queste soluzioni sono adottate non perché l'uomo sia un pericolo per gli altri, bensì per se stesso.

"Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva", scrive Testa, "sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi". "Non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura", prosegue la donna.

La speranza è quella di far condurre un'esistenza più dignitosa al paziente della struttura.

"Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno", conclude.

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