Noto avvocato aiutava i narcos a Roma: condannato

Il legale ha subito una condanna in primo grado a 4 anni e 6 mesi di reclusione. "Fortunatamente c'è l'appello, perché sono estraneo a tutto ciò", commenta dopo la sentenza

Noto avvocato aiutava i narcos a Roma: condannato

Il noto legale del Foro di Roma Piergiorgio Manca è stato condannato in primo grado di giudizio a 4 anni e 6 mesi di reclusione con l'accusa di concorso esterno in associazione. Nello stesso procedimento hanno subito una condanna anche Vincenzo Carzo e Antonio Carzo, detto "Ntoni scarpacotta", inviati nella Capitale dalla Calabria con l'obiettivo di creare una cosca malavitosa ("'ndrina") romana.

Condanna in primo grado

L'avvocato, stando a quanto sostenuto dall'accusa, avrebbe fornito il proprio contributo per agevolare "la circolazione riservata di informazioni tra i sodali". Non solo, dato che si sarebbe adoperato per fornire un supporto "morale e materiale ai sodali detenuti al fine di evitare rischi di delazione, di favorire incontri riservati tra gli indagati presso il suo studio per l'assunzione di decisioni importanti per la vita del sodalizio, o comunque di veicolare utenze, codici pin o indirizzi email per le comunicazioni riservate tra i sodali".

Una complessa indagine che affonda le proprie radici nel 2011, e grazie alla quale è stata scoperchiata l'attività di un gruppo criminale dedito all'importazione di cocaina da Colombia e Venezuela. Un'attività favorita dagli stretti rapporti coi cartelli della droga. La polvere bianca veniva trasportata da corrieri che atterravano tranquillamente al Leonardo Da Vinci di Fiumicino, agevolati in questo dalla presunta complicità a terra di tre carabinieri. Una volta superati i controlli grazie ai loro contatti, i corrieri potevano infine raggiungere Roma e distribuire la partita di cocaina. Il primo tassello del mosaico (2011) fu l'arresto di una donna che trasportava la droga: da lì in poi l'inchesta si è allargata fino a coinvolgere direttamente altri individui, tra cui l'avvocato Gamba.

"Rispetto la toga, anche quella che indossano i magistrati", dichiara a caldo l'avvocato Manca a Repubblica. "Davo per scontato la mia assoluzione", prosegue il legale, "ho solo fatto l'avvocato parlando con i miei assistiti, ma fortunatamente c'è l'appello perché io sono veramente estraneo a tutto ciò. Queste sono cose che sono entrate nella mia vita professionale ma non in quella privata".

Cosa dice la Camera penale

La Camera penale di Roma non ha potuto esimersi dal commentare la notizia attrraverso un comunicato ufficiale. "Grande turbamento nella nostra comunità ha destato la condanna di un famoso collega per concorso esterno in associazione ex art.74 D.P.R.309/90: definito anche dalla stampa uno dei principi del Foro Romano, è sicuramente un professionista stimato, di lunga esperienza e che ben possiamo definire un galantuomo, a noi tutti noto per la sua amabilità e per la sua competenza", si legge nella nota.

Il comunicato parla quindi in primis di turbamento, ma anche di stupore e preoccupazione per l'intera avvocatura penalista."Senza entrare nel merito del processo - prosegue il documento - che siamo certi troverà sicura e positiva definizione in appello, possiamo però dire che questa sentenza stona con la statura umana e professionale del collega e, allo stesso tempo, desta grande apprensione per il futuro dell'avvocatura penalista".

Una preoccupazione alimentata dal moltiplicarsi di casi del genere."Sono infatti ormai innumerevoli le indagini che da tempo, e non solo nel nostro Foro, vedono coinvolta la figura del difensore", spiega il comunicato,"indagini spesso espletate in violazione delle garanzie costituzionali e procedimentali poste a tutela della funzione della difesa, con il ricorso ad intercettazioni ambientali e telefoniche disposte in violazione dei limiti normativi (art. 103 c.p.p.) o surrettiziamente giustificate da fantasiose imputazioni, spesso mutate in corso d'opera che, invece, quella attività intercettiva permettono".

"La Camera Penale di Roma denuncia con preoccupazione tutto ciò - si legge in conclusione - il pericolo reale, in parte già inverato, di indagini così occhiute

sulla funzione difensiva è che si determini un clima di sospetto e intimidatorio nei confronti dell'avvocatura. Vigileremo perché ciò non accada e continueremo nella nostra funzione senza condizionamenti di sorta".

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