"Se la comunità islamica vuole una moschea deve rispettare la legge". La norma che tutela il Veneto

A Padova non sorgerà una nuova moschea, perché l'immobile indicato dalla comunità islamica non soddisfa i requisiti della legge regionale approvata dal centrodestra per tutelare i residenti. Per costruirla, gli islamici dovranno richiedere una variante urbanistica, accollandosene gli oneri

"Se la comunità islamica vuole una moschea deve rispettare la legge". La norma che tutela il Veneto
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Una nuova moschea? Sì, ma solo a patto che la comunità islamica decida di percorrere l'iter burocratico per ottenere la variante urbanistica richiesta dalla legge (rispettando le disposizioni valide anche per le chiese cristiane) accollandosene l'onere. Su queste basi, a oggi il nuovo luogo di culto non si farà. Questa la vicenda che arriva da Padova, dove l'associazione bengalese "Ittihad" potrà sì realizzare un centro culturale all'interno di un immobile acquistato di recente, ma non una moschea con tanto di minareto e muezzin. Una prospettiva, quest'ultima, che stando a quanto riportato dalla stampa locale aveva già messo da tempo sul piede di guerra i residenti del quartiere cittadino di Arcella, nel quale avrebbe dovuto vedere la luce anche un tempio buddista.

Le legge regionale del 2016

Fratelli d'Italia, raccogliendo il malcoltento degli abitanti, aveva puntato il dito contro l'impatto che una struttura del genere avrebbe avuto sulla quotidianità della frazione e anche alcuni esponenti del centrosinistra che amministra la realtà comunale veneta avevano espresso alcuni dubbi. Ad ogni modo a risolvere lo stallo ci ha pensato la legge approvata dalla maggioranza di centrodestra del consiglio regionale del Veneto nel 2016, definita "legge anti-moschee" dalla sinistra.

Accuse che appaiono tuttavia infondate, perché a ben vedere la legge in questione non vieta affatto la costruzione di nuovi luoghi di culto, a prescindere dalla religione: associazioni musulmane, buddiste, ebree o cristiane (tanto per fare qualche esempio) hanno la medesima opportunità di poter realizzare luoghi in cui praticare liberamente la propria fede. Gli unici "paletti" riguardano l'estensione degli immobili in questione: trattandosi in genere di luoghi frequentati da un gran numero di persone, la legge in oggetto obbliga gli edifici indicati allo scopo ad avere spazi regolamentati e un numero di parcheggi adeguato all'utenza. Per tutelare tanto i fedeli quanto gli altri cittadini.

Sì al centro di promozione culturale, no alla moschea

Esattamente come avviene già da tempo per le chiese, oltretutto. Allo stato attuale delle cose, i cittadini bengalesi che hanno acquistato lo stabile potranno come detto farlo diventare un luogo di promozione culturale: avranno la possibilità di pregare e riunirsi al suo interno, ma non potranno officiarvi celebrazioni di massa con un calendario fisso.

"Se decidessero di realizzare un vero e proprio luogo di culto, con momenti di preghiera formalizzati e celebrazioni legate alla dottrina islamica - ha spiegato l'assessore comunale all'edilizia privata, Antonio Bressa - entriamo in un altro campo per cui si richiede una variante urbanistica e un iter molto più complesso". Nulla vieta all'associazione islamica di percorrere quest'iter. Dovranno però chiedere una variante urbanistica, sostenendone eventualmente gli oneri. Come ogni altra comunità religiosa.

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