Una targa per le vittime delle "marocchinate". L'iniziativa del centrodestra e di ANVM

A Viterbo è stata inaugurata una targa in memoria delle vittime delle "marocchinate", portando a compimento un percorso voluto dal centrodestra locale e dall'ANVM per stigmatizzare le violenze sessuali compiute da diversi soldati di origini africane fra il 1943 e il 1944

La targa scoperta ieri a Viterbo
La targa scoperta ieri a Viterbo
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Una targa che ricorda le donne vittime delle "marocchinate", mandando al tempo stesso un segnale di condanna verso ogni tipo di violenza. Questa l'iniziativa portata avanti dal centrodestra di Viterbo e dall'Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, concretizzatasi proprio nelle scorse ore con la posa dell'opera in un giardino della realtà comunale laziale. "A perpetua memoria delle vittime delle violenze impunite, compiute dai soldati coloniali francesi, durante il secondo conflitto mondiale. Per non dimenticare e condannare senza appello l'efferatezza di questi crimini", si legge nella targa. Che arriva a conclusione di iter burocratico avviato quattro anni fa, fortemente voluto dalla giunta dell'allora sindaco Giovanni Arena (esponente di Forza Italia) che ha visto sin dall'inizio unità d'intenti in un territorio che fra il 1943 e il 1944 fu fra i più funestati dalle iniziative di alcuni soldati (perlopiù originari dell'Africa) inquadrati soprattutto nell'esercito francese.

Nel comunicato, l'Anvm ha specificato come “marocchinate” sia un termine usato comunemente dal lontano 1946 per indicare le violenze sessuali, perpetrate dai militari alleati durante la seconda guerra mondiale in Italia, ai danni della popolazione civile. In particolare, a compiere questi crimini furono spesso le truppe coloniali: militari marocchini, algerini, tunisini e senegalesi e di altre colonie francesi, inquadrati nell’esercito d'Oltralpe. Un concetto che l'associazione ha voluto specificare per far presente come il termine (talvolta interpretato nell'accezione errata) non abbia niente a che fare con il razzismo o con sentimenti di odio per gli attuali abitanti del Marocco. A seguito delle violenze sessuali molte persone furono contagiate da sifilide, gonorrea e altre malattie a trasmissione sessuale, e solo l'uso della penicillina statunitense salvaguardò quelle zone da una vasta epidemia. Molte donne rimasero incinte e altrettante abortirono o ebbero aborti spontanei.

Benché non siano state fatte ricerche in merito, si ritiene che si verificarono alcuni casi di suicidio tra le donne violentate, nonché molti casi di infanticidio della prole nata dallo stupro. Solo nella provincia viterbese furono un centinaio le violenze, ma in altre realtà del Lazio furono a quanto pare violentati anche uomini. "Non abbiamo sentimenti di rancore o di odio, ma non dimentichiamo - il pensiero di Silvano Olmi, vice - presidente di Anvm - perché il ricordo e la memoria ci rendono liberi e consentono alle giovani generazioni di adoperarsi affinché non debbano ripetersi questi orrori". Una visione condivida anche dall'attuale sindaco Chiara Frontini, che guida un'amministrazione civica vicina al centrodestra (anche alla luce dei suoi trascorsi politici).

“Sono crimini che sono stati tenuti nascosti per troppo tempo – ha aggiunto – la violenza da qualsiasi parte provenga e qualunque siano le vittime, deve essere condannata sempre, senza appello o giustificazioni di sorta. Dobbiamo creare le condizioni affinché queste vicende non debbano più avvenire”.

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