Delitto Melania Rea, il fratello: "Parolisi? Non sappiamo più nulla"

La bambina ha cambiato cognome: "È bravissima a scuola e ci dà tante soddisfazioni", racconta Michele

Melania Carmela Rea e Salvatore Parolisi
Melania Carmela Rea e Salvatore Parolisi

Sono trascorsi oramai 12 anni dalla data in cui il corpo senza vita di Melania Rea fu rinvenuto nel Bosco delle Casermette di Ripe di Civitella (Teramo), ma quell'efferato delitto non si è mai sbiadito nei ricordi della gente e men che meno in quelli dei familiari della donna, in primis del fratello Michele.

Pochi giorni prima, il 18 aprile del 2011, era stato il marito Salvatore Parolisi, ex caporale maggiore dell'esercito, a denunciarne la scomparsa alle autorità. La giovane madre di Somma Vesuviana (Napoli), che aveva allora 29 anni, si trovava in compagnia dell'uomo e della loro figlia di appena 18 mesi per una gita fuori porta. Parolisi aveva raccontato che lei si era allontanata momentaneamente per andare alla toilette, senza tuttavia fare più ritorno. La salma della 29enne fu ritrovata due giorni dopo solo grazie a una misteriosa telefonata anonima: un corpo letteralmente martoriato da un omicida spinto da una furia incontrollabile.

Per quell'orribile omicidio, dopo ben quattro processi, fu condannato a 20 anni di reclusione proprio il marito della vittima: per i giudici Salvatore Parolisi uccise la donna con 35 coltellate "in un dolo d'impeto", lasciandola peraltro a terra agonizzante. Ad oggi restano ancora dei punti oscuri sulla vicenda, dato che non è mai stata rinvenuta l'arma utilizzata nel delitto dall'ex caporale maggiore, né si è mai compreso a chi appartenesse la voce dell'uomo che consentì con una telefonata anonima al 113 di rinvenire il corpo senza vita della povera Melania.

Le parole di Michele

Di Salvatore Parolisi si sono quasi perse le tracce, anche se negli ultimi anni sono circolate sempre più spesso voci che parlavano di uscite dal carcere per permessi premio connessi alla sua impeccabile condotta tenuta dietro le sbarre. Permessi in effetti previsti dalla legge, ma di cui non si ha certezza, come spiega il fratello di Melania.

"Purtroppo quella stessa legge che prevede tanti diritti, a noi non consente di sapere nulla su di lui", spiega con amarezza a Il Messaggero Michele Rea, che ha accolto la figlia della sorella nella sua famiglia. "Non credo che quando uscirà dal carcere verrà a cercare sua figlia", dice ancora l'uomo riferendosi proprio all'ex caporale maggiore, "perché se ci avesse tenuto a lei, noi adesso non staremmo neanche parlando e Melania sarebbe ancora viva".

Ormai la bambina, che ha cambiato cognome, vive da anni con lo zio, il quale di recente ha avuto un figlio. "Mia nipote gli fa da sorella maggiore", racconta Michele, "posso davvero dire che con lei stiamo tutti facendo un buon lavoro. È bravissima a scuola e ci dà tante soddisfazioni". Ripensare all'efferato omicidio di Melania spinge l'uomo a effettuare un'amara riflessione sulle ancora troppo numerose vittime di femminicidio. "Non è possibile che dopo questi fatti siano le vittime e le loro famiglie a doversi sempre difendere dagli assassini", considera l'uomo.

Una figura importante per la famiglia Rea, sia dal punto di vista professionale che oramai da tempo affettivo, è quella dell'avvocato Mauro Gionni. "Ci siamo risentiti telefonicamente proprio in questi giorni perché gli ho voluto manifestare la mia vicinanza", rivela il legale riferendosi a Michele.

"Ci siamo ripromessi di rivederci come facevamo prima del periodo di Covid". "La decisione di far cambiare il cognome alla bambina, che poi non è più una bambina, la reputo giusta", aggiunge."D'altronde, hanno ottenuto l’autorizzazione ed è tutto legale".

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