"Andrò avanti finché potrò. Non ha senso fermarsi adesso dopo vent’anni che stiamo tribolando. Spero che qualcuno del paese mi aiuti, che parli. La voce sul giro di pedofilia, in questi anni, non ha mai smesso di circolare". Non si dà pace Stefano, il papà di Desirée Piovanelli, la 14enne di Leno uccisa il 28 settembre del 2002. Per l'omicidio furono condannati tre adolescenti e un adulto, Giovanni Erra, che potrebbe tornare in libertà nel 2025. "Se lo incontrerò, per me non sarà un problema. Semmai lo sarà per lui", dice il 63enne in una intervista al Quotidiano Nazionale.
L'ipotesi della rete di pedofili
Il corpo straziato di Desirée fu ritrovato sei giorni dopo la presunta scomparsa in una cascina abbandonata e fatiscente di Leno, in provincia di Brescia, non distante dall'abitazione dei Piovanelli. Gli inquirenti dell'epoca ipotizzarono che la morte della ragazza fosse l'epilogo cruento di una tentata violenza sessuale. Il papà della 14enne ritiene, ancora oggi, che la figlia fu sequestrata e uccisa da una rete di pedofili, annidata nella Bassa, con un "regista occulto". "Abbiamo vissuto questi 22 anni portandoci dietro la convinzione che la verità completa non era venuta a galla e che per farla emergere non era stato fatto tutto quello che si sarebbe dovuto fare al tempo", spiega Stefano Piovanelli.
Il Dna e le telefonate
Sul giubbino di Desirée fu rilevata una traccia di Dna che, però, non è mai stata attribuita ad alcuno. "Il Dna è mai stato analizzato, non è mai stato messo a confronto con quello di certe persone. - continua il 63enne - Perché? È ancora disponibile". E poi c'è il nodo delle due telefonate fatte da uno dei tre ragazzini coinvolti nella vicenda: "Per me quelle telefonate sono molto importanti. Una prima e una dopo il delitto. La chiamata dopo l’omicidio dura quasi un minuto. È molto. Come se il ragazzo avesse dovuto raccontare, riferire qualcosa. Perché non è stato verificato a chi era indirizzata la chiamata e cosa si sono detti? Forse sarebbe potuto saltare fuori il mandante".
Il sacco nero
Oltre al coltello e le fascette, sulla scena del crimine fu trovato anche un sacco nero. Stefanno Piovanelli non esclude che l'intenzione del "branco" fosse quella di far sparire il corpo di Desirée. "Il giorno dopo vanno per fare sparire il corpo. Non ci riescono. È una circostanza di cui quasi mai si parla. Continuo a pensare che ad aiutarli ci fosse qualche adulto. - afferma il 63enne - C’è il particolare del sacco nero. Il coltello, le fascette autobloccanti per legarla hanno la loro spiegazione. Il sacco nero è venuto dopo, quando si trattava di prendere il corpo. È una deduzione logica". E poi "mi chiedo un’altra cosa. Desy svanisce il pomeriggio di sabato. Il giorno dopo, domenica, era già scattato l’allarme, le ricerche erano iniziate. Eppure, con tutte le persone che giravano per Leno, quelli hanno potuto andare alla cascina senza che nessuno li notasse".
"Ventidue anni senza Desirée"
Sono passati 22 anni dall'omicidio. I tre minorenni condannati, ormai adulti, hanno scontato le rispettive pene. "Penso che potrebbero iniziare a dire tutta la verità ma credo anche che questo non accadrà mai.
- dice papà Stefano -Perché dovrebbero andare a cercarsi altri guai?". Oggi Desirée avrebbe 36 anni: "Sarebbe sposata, avrebbe la sua famiglia, dei figli. - conclude il 63enne - Era un suo desiderio quello di avere una famiglia numerosa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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